La tragedia di San Mauro Mare: «Mi sono difeso, non volevo ucciderlo» GALLERY



RAVENNA. «Mi sono limitato a difendermi, non mi ero accorto che fosse morto». Ha parlato per circa un’ora e mezza Mirko Guerrini, il 48enne ravennate accusato di eccesso colposo di legittima difesa e a processo per la morte del 46enne Antonio Rinelli, avvenuta nella notte tra il 7 e l’8 aprile 2019 a San Mauro Mare al culmine di una lite furibonda innescata dalla gelosia. Ieri, in tribunale a Forlì è stato sentito l’imputato, assistito dagli avvocati Antonino Lanza e Paolo Benini.
Per Guerrini la colluttazione avvenuta in via Orsa Maggiore davanti al ristorante “Luna Rossa” lo avrebbe visto partecipare, suo malgrado, senza alcuna intenzione di uccidere il rivale. Parla di pugni, colpi ricevuti in testa con una chiave, dopo essere stato aggredito da Rinelli, che quella sera si era presentato sotto casa della donna con la quale aveva avuto una relazione, sorprendendola in sua compagnia. Guerrini sarebbe sceso dall’appartamento della donna per allontanare l’ex, ma la discussione era degenerata in una lotta in strada, terminata nel dramma. Rinelli, stando a quanto riportato dalla perizia medico-legale, sarebbe morto per asfissia, derivata dalla presa al collo esercitata dal braccio di Guerrini. Sulla durata della mossa fatale tuttavia non c’è accordo tra gli esperti. A complicare la ricostruzione è infatti un dettaglio importante: il fatto che la vittima tenesse bloccato il rivale mordendogli il pollice della mano destra. «Sono stato costretto a rimanere in quella posizione fino alla fine perché avevo il pollice tra i suoi denti - ha precisato l’imputato - e non riuscivo a toglierlo. Mi sono difeso con il braccio sinistro e quando ha allentato la presa mi sono allontanato». Quanto all’esito fatale, ha sostenuto di non essersene reso conto perché «pensavo che fosse vivo». L’accusa di eccesso colposo di legittima difesa nasce al termine delle indagini preliminari proprio alla luce della perizia affidata al professor Giuseppe Fortuni, nominato dal gip Maurizio Lubrano. Secondo l’esperto la presa da tergo da parte dell’imputato sarebbe proseguita ben oltre il necessario. E non come indicato dal consulente della Procura, la dottoressa Donatella Fedeli, che pur riconoscendo la dinamica aveva attribuito la morte all’azione congiunta di più compressioni avvenute quando entrambi i contendenti erano a terra. Per questo il giudice aveva deciso di rigettare la richiesta di archiviazione assecondando invece l’opposizione presentata dai familiari della vittima, assistiti dagli avvocati Fabio Anselmo e Alessandra Pinsa. Il processo ora proseguirà ad aprile, con i testi della parte civile.