La musica di Gobbi da Cesena al festival indipendente di Budapest: sul palco con la maglia di Shpendi

Cesena
  • 24 agosto 2025

Cesena, Milano, Cile. Passando da Budapest, cullato dalla corrente del Danubio. Spinto dalla sua passione: la musica. L’esaltazione e lo stupore brillano e risuonano ancora nel volto e nelle parole di Giuseppe Gobbi, cantautore “indie” cesenate meglio noto come: “Gobbi”. Un artista che, mescolando ironia e sentimento, sa sempre come distinguersi. L’arte si nutre di particolari.

«Sì, l’ho fatto anche questa volta - ammette il cantautore - Anche al “Szigest” di Budapest, in Ungheria, il festival di musica “indie” più importante e grande d’Europa - spiega - secondo solo al “Primavera Sound Festival” di Barcellona. Sono salito sul palco con la maglia del Cesena».

La statura dell’evento impone il massimo coinvolgimento personale. «“Szigest” è unico nel suo genere - dice - Si svolge sull’isola “Margherita” nelle acque del Danubio dove viene allestito un vero villaggio. Con più palchi collocati in diverse zone sui quali si esibiscono artisti internazionali. Per questo - spiega sorridente - ho scelto una maglietta speciale per il mio concerto: la “9” del mio idolo Cristian Shpendi».

I numeri parlano da soli. Tutti. «In cinque giorni di festival si contano 450 mila visitatori». Il denominatore comune? La musica.

Nuove sensazioni

«I concerti si tenevano dalle 13 alle 2 del mattino senza sosta» descrive Gobbi. Distese di tende da campeggio, coperte e sacchi a pelo per trascorrere le notti. Situazioni inedite. «Ho provato una sensazione molto strana durante il mio show - racconta Gobbi - Ho suonato per 40 minuti all’ora di pranzo. Non sono abituato a salire sul palco con la luce del giorno. Inoltre, venivo da una serata “impegnativa” (ride, ndr)». Occasioni speciali. «Il giorno prima del mio turno, l’8 agosto - continua - ho festeggiato 28 anni. E non mi sono risparmiato (ride ancora). Ma è stato comunque magnifico». Euforia vincente. «C’era un gran caldo. Il sole “picchiava”. Erano stati montati dei tendoni sotto lo stage, ma nessuno si azzardava ad avvicinarsi: in fondo c’era più ombra. Quindi - riporta il musicista - ho iniziato il concerto con la platea vuota». Il ritmo dei dubbi inizia a battere.

Pubblico

«La mia grande paura - confessa Gobbi - era non riuscire a interagire col pubblico. Non sono in grado di conversare in inglese». L’essenza della musica, si sa, è l’improvvisazione. Il sarcasmo crea l’armonia. «Del tutto “a caso” ho iniziato a parlare in italiano, ogni tanto pronunciavo qualcosa in inglese e nel mezzo gesticolavo. Attirava. Poi ho capito il motivo: la maggior parte dei presenti erano italiani. Le prime ad avvicinarsi - racconta - sono state due ragazze che, avvolte nel nostro Tricolore, si sono sdraiate sotto al palco. Poi, pian piano si avvicinavano altre persone. Fra i quali ho individuato anche alcuni amici di Milano che da lontano avevano riconosciuto le mie canzoni e incuriositi si sono diretti verso il mio palco».

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Emozioni condivise

Un regalo inatteso ed emozionante. «È stato molto gratificante vedere le persone che si spostavano per venire verso di me perché volevano ascoltarmi. Anche chi non mi conosceva. È lo spirito di questi festival: partecipa chi vuole ascoltare musica da vivo». Sensazioni uniche. Arricchite dalla compagnia. «Anche questa volta sono venuti con me tre musicisti dall’Italia: il chitarrista e mio concittadino Francesco Lucchi, che da buon architetto ci ha illustrato ogni singolo dettaglio di edifici e monumenti di Budapest; Daniela Mornati, tastierista dei “Selton” che aveva già suonato a “Szigest” con Bugo nel 2016 e partecipato a un tour mondiale con Max Gazzè. Alla batteria l’ottimo Davide Chioggia».

“Planeta No”

Esibirsi in scenari simili genera stimoli e ispirazioni nuove. «Ho eseguito tutto il repertorio del mio album “Voglio farmi notare”, ma con una novità. Alla mezzanotte del 9 agosto, giorno in cui avrei tenuto il concerto, era uscita una versione in spagnolo del singolo “Pelle di peperone”. Realizzata insieme al musicista cileno “Planeta No”». Una collaborazione frutto della curiosità: «L’idea di cantare quel brano in spagnolo mi incuriosiva da un po’. Ma non conosco nemmeno questa lingua (ride ancora, ndr)». Le intenzioni, quelle sì, sono chiare. «Cercavo un contatto per far arrivare la mia musica in Sudamerica». Un vero “tentativo al buio”. «L’ultimo disco di “Planeta No” risaliva al 2015 - ricorda il cantautore cesenate - poi dieci anni di nulla. Mesi fa scopro che ha fatto uscire quello stesso disco in versione acustica. Quindi, ho deciso di scrivergli su Instagram; mi ha risposto dicendo che aveva ascoltato e apprezzato i miei lavori. Mi ha spiegato quali progetti avesse per l’estate e mi ha promesso che avrebbe trovato uno spazio anche per “Pelle di peperone”. E così è stato». Un’empatia immediata. «Ci siamo trovati subito - sostiene Gobbi - È una persona colta e affabile. Conosce e ama l’Italia come tanti sudamericani».

Il “Sogno”

E così, nella poliedricità e nella stranezza che lo contraddistingue, Gobbi “arriva” anche Oltre Oceano. Non un traguardo. Un nuovo inizio. Con l’ambizione inesauribile a illuminare il suo viaggio. Semplice. Identitaria. «Il mio vero sogno è e rimarrà suonare allo stadio “Dino Manuzzi”. Prima di una partita del Cesena, sotto la Curva Mare. Anche una canzone sola, pochi minuti. Ma avrei toccato il cielo». Perché, in fondo, per le occasioni speciali non serve indossare per forza lo smoking.

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