Il giudice ha tre soluzioni agli antipodi per la sentenza della lite mortale di San Mauro Mare

Per l’accusa fu un eccesso colposo di legittima difesa a causare il decesso. Cosa che andrebbe punita al massimo con una condanna a 6 mesi di reclusione. Per la difesa è innocente, mentre per la parte civile andrebbe processato da capo. Ma davanti ad una Corte d’Assise e con a carico la ben più pesante accusa di omicidio.
Dovrà cercare la verità tra queste tre diverse interpretazioni dello stesso episodio il giudice Marco De Leva il prossimo 12 settembre quando si ritirerà in camera di consiglio per la sentenza in merito alla lite sfociata in tragedia, avvenuta la note tra il 7 e l’8 aprile del 2019 a San Mauro Mare.
La Procura aveva già formulato la sua richiesta di condanna (6 mesi) prima dell’udienza di ieri dove hanno invece tratto le rispettive conclusioni sia la difesa di Mirko Guerrini, 48enne ravennate (avvocati Antonino Lanza e Paolo Benini), che la parte civile a tutela dei familiari del morto, il 46enne Antonio Rinelli (avvocati Fabio Anselmo e Alessandra Pinsa).
Guerrini era a casa della sua nuova compagna, in via Orsa Maggiore nei pressi del ristorante Luna Rossa, quando Rinelli, ex della donna, si presentò sotto casa e tra i due sfociò una lite
Qui le strade di parte civile e difesa si separano nettamente. Ricostruzioni dei fatti da sempre distanti anche sul fronte delle perizie presentate nel tempo al giudice da parte dei rispettivi medici legali.
Guerrini anche al giudice in aula ha spiegato di non aver avuto alcuna intenzione di uccidereve di aver stretto al collo Rinelli perché aggredito e perché si stava difendendo. Una stretta durata poco e che da sola non valeva l’intenzione di uccidere, mossa aggravata e condizionata anche dal fatto che Rinelli gli mordeva un pollice di una mano impedendogli di allentare la sua presa.
Le perizie di parte civile invece riconducono il decesso ad un’azione violenta, prolungata e mirata da parte di Guerrini che nel contesto avrebbe tenuto un comportamento di sfida propedeutico ad aumentare pericolosità e potenzialità letali dell’accaduto.
Se da una parte dunque la difesa dell’imputato chiede per lo stesso l’assoluzione, dall’altra la parte civile ha chiesto al giudice non tanto di procedere “meramente” ad una condanna pesante nei confronti dell’imputato, ma di poter esaminare i fatti davanti a quello che reputa il luogo più adatto per una vicenda simile: ossia una Corte d’Assise dove discutere di un’accusa di omicidio.
Una matassa ingarbugliata per il giudice Marco De Leva la cui decisione, dopo le repliche delle varie parti, arriverà il prossimo 12 settembre.