“Il caso di Cristina Golinucci non va chiuso”: ci sono una donna mai interrogata e ricerche da eseguire su Emanuel Boke

Ci sarebbero incongruenze ulteriori da esaminare sul sudafricano che era ospite nei giorni della scomparsa di Cristina al convento dei frati Cappuccini. E una testimone mai sentita agli atti ufficiali che va ascoltata.
Sono in sintesi i motivi che gli avvocati Barbara Iannuccelli e Cosimo Gentile hanno presentato ieri al Gip Massimo De Paoli per conto dei familiari di Cristina Golinucci. Per chiedergli di non archiviare di nuovo la vicenda della scomparsa e intimare alla procura di proseguire nelle investigazioni sulla sua morte.
L’udienza di ieri era stata chiesta dalla madre di Cristina (Marisa Degli Angeli) e da sua sorella (Stefania Golinucci) in opposizione alla chiusura delle indagini avviate lo scorso febbraio.
La Procura ha dettagliato con puntuali memorie i “perché” della richiesta di archiviazione. La nuova inchiesta è partita per cercare le tracce di un “predatore sessuale” che gravitava attorno all’universo parrocchiale e associativo della ragazza di Ronta oltre che di un’altra cesenate (Chiara Bolognesi) che scomparve nello stesso periodo di Cristina e che venne ritrovata morta nelle acque del Savio ad un mese di distanza dalla sua sparizione.
L’idea al vaglio (da sempre contro ignoti a fascicolo) era dare la caccia ad una persona che potesse averle uccise e fatte sparire tutte e due. Un uomo che insieme a tante altre persone è stato sentito come persona informata sui fatti, che ha negato di conoscere le due giovani (di Chiara Bolognesi sono stati riesumati anche i resti a fini investigativi) e che ha respinto accuse di molestie a suo carico lanciategli da altre donne cesenati, tra colleghe di lavoro e giovani che frequentavano come lui, Chiara e Cristina gli ambienti della parrocchia dell’Osservanza, del convento dei Cappuccini e dell’associazione Avo. Gli avvocati di Cristina Golinucci hanno evidenziato al Gip come invece durante questo periodo investigativo siano emerse nuove evidenze in particolare contro Emanuel Boke: sudafricano condannato per violenza sessuale che era ospite del convento da dove Cristina è sparita. Il Dna ritrovato su un suo indumento non ha dato riscontri. Ma l’impronta digitale di questo uomo corrisponde a quella di un ricercato (per violenze sessuali) in Francia dal 2017.
Per gli avvocati di Cristina l’indagine deve proseguire cercando questa persona ed interrogandola di nuovo. Visto che da una registrazione fatta in carcere è riemerso che fosse al convento il giorno della scomparsa di Cristina con ampi margini di movimento all’interno della struttura. Serve poi acquisire almeno un’altra testimonianza. Negli atti esiste una annotazione di servizio delle forze di polizia. Una parrucchiera che riferisce come una sua amica, in compagnia della figlia in zona conven