Falsa testimonianza nell’omicidio del parco Vigne a Cesena: imputata la compagna dell’assassino

Cesena
  • 14 marzo 2024

Omicidio al parco delle Vigne. Dopo la condanna all’ergastolo di Giuseppe Di Giacomo, conosciuto come il “siciliano”, per avere ucciso a coltellate Davide Calbucci, da ieri nell’aula del giudice Federico Casalboni è imputata per falsa testimonianza anche la compagna dell’assassino: la cesenate Graziella “Laura” Golinucci.

Un processo che nasce da un fascicolo aperto al termine della corte d’Assise che ha condannato per omicidio Di Giacomo, quando per valutare la posizione della compagna dell’omicida, a sentenza il presidente Monica Galassi aveva disposto l’invio degli atti alla Procura.

Graziella Golinucci è difesa dall’avvocato Antonino Lanza, legale che aveva già acquisito conoscenze delle dinamiche delittuose in quanto era stato il primo difensore d’ufficio dell’omicida. Il processo che si è aperto ieri (il pm in aula era Massimo Maggiori) verte sulle dichiarazioni che Graziella Golinucci aveva fatto durante il procedimento per omicidio, perché hanno contraddetto ciò che ha dichiarato lo stesso Di Giacomo a proposito della causa scatenante del crimine di cui si è macchiato il 19 dicembre 2020.

Da quanto emerso, l’aggressione mortale a Calbucci sarebbe stata pianificata dal 63enne Di Giacomo, dopo che la sua compagna gli aveva riferito un episodio avvenuto la sera prima dell’omicidio. Incrociando sulle scale del condominio la figlia della donna di quello che sarebbe poi diventato il suo carnefice, Calbucci l’avrebbe messa in guardia: perché a suo dire quell’uomo era un molestatore. Davide, ha raccontato durante il processo la sua consorte Iwona Bednarz, aveva fermato la figlia della compagna di Di Giacomo per le scale. Le aveva detto di stare attenta, perché lei e sua madre non capivano che mostro avessero in casa. Un uomo pericoloso che aveva da poco molestato un’altra donna al parco.

Di quella conversazione l’omicida era venuto a sapere (per le accuse) appunto dalla compagna Graziella Golinucci. Lo ha dichiarato lui stesso rispondendo a una precisa domanda in proposito che gli venne rivolta davanti ai giudici. La sua convivente ha invece negato di avere parlato con lui di quanto la figlia le aveva riferito. Un particolare non irrilevante, secondo i magistrati, perché quel fatto sarebbe stata la goccia finale a riempire il vaso di propositi di “vendetta” dell’uomo, infuriatosi per quello che Calbucci aveva accennato sul suo conto.

Sulle tensioni condominiali tra i due ci sarebbe stato un ulteriore episodio, in cui Di Giacomo avrebbe litigato con Calbucci sputandogli contro.

Graziella Golinucci, ascoltata anche davanti al Gip in udienza preliminare, ha ribadito di non aver mai detto di quel dialogo a Di Giacomo e di non aver mai trattato con il compagno ora in carcere di liti con Calbucci. Ha spiegato di avergliene sì parlato, ma quando già era in carcere dopo essersi consegnato in seguito all’omicidio. Facendo ricondurre le dichiarazioni in aula di Di Giacomo ad una probabile confusione fatta da lui sui tempi in cui aveva appreso quelle cose. A processo, contro la donna, quasi certamente finiranno anche i messaggi che lei aveva inviato ai responsabili di Acer della palazzina in cui vivevano sia vittima che carnefice. Dove il giorno prima del delitto diceva di “temere che potesse accadere qualcosa di brutto” salvo poi riscrivere che la situazione si era appianata. Una potenziale falsa testimonianza che per la procura è di un valore non trascurabile e per la quale in aula si sono anche costituite parti civili (difese dall’avvocato Alessandro Sintucci) madre e figlia dell’assassinato. Chiedono 40mila euro per i danni morali patiti nella falsa testimonianza della donna che sarà chiamata a parlare di nuovo di tutte le vicende che la riguardano nella prossima udienza prevista per la fine di aprile.

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