Crac Ac Cesena: curatore fallimentare ascoltato per 7 ore da giudici, accusa e difese

Cesena

Crac dell’Ac Cesena e processo penale. Nell’aula del presidente Marco De Leva si sono elevati immediatamente a protagonisti “i conti” della società calcistica poi fallita.
Per oltre 7 ore è stato ascoltato, rispondendo a raffiche di domande da parte del pubblico ministero Francesca Rago e dei difensori degli imputati (Antonella Monteleone, Alessandro Sintucci, Alessandro Melchionda, Nivola Mazzacuva, Stefano Spinelli, Massimiliano Iovino, Mattia Grassani, Daniele Ripamonti e Daniele Molinari) il curatore fallimentare Mauro Morelli. La cui relazione è stata decisiva in tutte le vicende civilistiche e risarcitorie che finora hanno coinvolto le ultime gestioni del fu Ac Cesena e che penalmente (al netto dei patteggiamenti avvenuti in fase di indagine) vede ancora coinvolte ed imputate 11 persone.
Morelli è stato ascoltato per oltre 7 ore.
Insistendo particolarmente su quelli che erano i debiti fiscali che hanno portato al fallimento del Cesena. Per il curatore fallimentare erano quelli, naturalmente, ad essere centro e fulcro della vicenda. Perché sono quelli ad aver di fatto portato al fallimento societario formale e quindi nella visione dell’accusa vengono in secondo piano rispetto all’andamento globale del fatturato del Cesena di quegli anni, piuttosto che del sostegno che le banche continuavano a dare alla società calcistica gestita dall’ormai non più imputato Giorgio Lugaresi e dai suoi soci.
Le difese hanno con le loro domande e richieste sottolineato come, nel passaggio tra Igor Campedelli e la fine dell’Ac Cesena di Giorgio Lugaresi, il debito totale della società si fosse abbassato di una trentina di milioni. Anche grazie alle rateizzazioni, pianificate pure con cessioni di quote dalla Eurocostruzioni: società partecipata da tanti soci Ac Cesena che aveva pianificato pagamenti spezzettati in 5 e 10 anni.
Per le difese c’era un preciso piano industriale (prodotto ai giudici) per sostenere la vita di una società calcistica i cui risultati sportivi erano altalenanti ma spesso economicamente positivi.
Per l’accusa, ed in gran parte nei conti anche del curatore fallimentare, non potevano avere valore e forza la promozione in Serie A dell’Ac Cesena che portò denaro fresco con i diritti televisivi; e nemmeno il paracadute per la retrocessione in B (con Cesena e Novara che avevano inserito a bilancio anche la quota a cui il Lecce aveva rinunciato non iscrivendosi al successivo campionato). Nulla insomma poteva salvare i conti del Cesena che erano sostenuti da un altro fattore molto penalizzante per il curatore. Quello delle plusvalenze degli atleti.
Testimone ieri in aula degli scambi di denaro ritenuti “virtuali” tra Cesena e Chievo, c’è stato un giocatore. A.D.: che tra il 2017 ed il 2020 ha rimbalzato più volte tra i settori giovanili di Chievo e Cesena raggiungendo un valore “di mercato” di 3,5 milioni. Dopo un’esperienza all’estero (Boca Gibiltar) ed un passaggio tra Cattolica, Diegaro e Valdichienti, ora gioca nella Sampierana. È solo la prima, la sua, del centinaio di testimonianze ammesse a procedimento. Che proseguiranno nella prossima udienza del 7 marzo.

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