Un’affluenza in netto calo che «ha favorito il centrosinistra», osserva il docente di Storia contemporanea dell’Università di Urbino Stefano Pivato. E un voto di protesta che ha stentato a trovare un interlocutore in cui riconoscersi. Il Movimento cinque stelle più di governo che di lotta crolla al 3,90% a Ravenna e precipita al 2,45% a Rimini. Fratelli d’Italia cresce ma non c’è l’impennata pronosticata dai sondaggi. Il sorpasso sulla Lega qui in Romagna è compiuto ma meno che di misura: a Rimini il 13,77% di Fratelli d’Italia contro il 13,46% del partito di Salvini; 8,93% per il movimento della Meloni a Ravenna sul 8,37% dei leghisti. Viene riconosciuto e premiato il buon governo delle amministrazioni uscenti, con le conferme dei sindaci di Ravenna (De Pascale con il 59,47%) e Cesenatico (Gozzoli con il 62,77%) ma anche nel caso di Rimini si può parlare di continuità dato che Sadegholvaad (51,32%) era di fatto il braccio destro del sindaco uscente Gnassi, oltre che l’assessore alla sicurezza e alle attività economiche.
Divisioni e ritardi
Il centrodestra estremamente frammentato a Ravenna e la tardiva candidatura di un ex sindaco pescato da una città vicina (Bellaria) a Rimini hanno contribuito a tenere lontano dalle urne una fetta importante dell’elettorato probabilmente già demotivata dagli scandali Morisi (Lega) e Fidanza (Fratelli d’Italia).
No vax al voto
Il voto di protesta è comunque arrivato in cabina elettorale con il Movimento3V. Rimini (con Trieste) è tornata capitale d’Italia dei no vax, Ravenna segue a ruota. Chi si era immaginato che alle piazze piene di no green pass sarebbe seguito il vuoto alle urne di nenniana memoria si è dovuto ricredere. Il Movimento 3V ha raccolto il 4,10 per cento a Rimini e il 2,89 a Ravenna, contro il solo 1,63 a Bologna. In sostanza, tra domenica e lunedì oltre quattro elettori riminesi (2.689 voti) e quasi tre elettori ravennati (1.897) su cento non sono andati a votare per scegliere il sindaco ma per dire no all’obbligo vaccinale e al green pass. A Rimini è stato eletto consigliere comunale il leader locale del Movimento3V Matteo Angelini, così come a Triste, altro caso in Italia.
Ausl Romagna: che errore
Il direttore sanitario di Ausl Romagna Tiziano Carradori osserva con preoccupazione la crescita di un partito che «ha come unico obiettivo (o quasi) quello di ostacolare le campagne vaccinali, diffondendo pericolose argomentazioni antiscientifiche». «Hanno sbagliato interlocutore - sostiene Carradori - si votava per elezioni amministrative: leggi e decreti su vaccini e green pass sono di competenza del governo. Francamente non li capisco proprio». Quanto alle ragioni di una così alta concentrazione di no vax proprio a Rimini - dove già ben prima del Covid-19 c’era il più alto tasso di mancate vaccinazioni dei bambini di tutta Italia -, Carradori rimanda alla ricerca di «fattori di natura storica, sociale ed economica».
Rimini anarchica
Fattori che - rileva il docente di Storia contemporanea dell’Università di Urbino Stefano Pivato - ci sono eccome. «Rimini non è Romagna, nel senso che non ha una cultura identitaria - argomenta l’ex rettore di Urbino -. Il turismo ha portato un melting pot, un insieme di culture differenti, ma già prima, già dal XIX secolo è stata terra di anarchici, di grandi cospiratori contro lo Stato e le sue leggi come Amilcare Cipriani». Dietro al sorriso solare di chi pratica l’ospitalità come forma di sostentamento c’è una diffidenza radicata nel profondo. Una tendenza al complottismo che da decenni si sovrappone a un fenomeno nazionale e mondiale che è quello della «perdita dei valori culturali, del senso comune. Fenomeno non estraneo neppure al centrosinistra - chiarisce Pivato -, basta guardare qualche dibattito televisivo per percepire il livello di ignoranza che si sta diffondendo». Ma per quanto la tivù abbia contribuito a questa involuzione culturale, Pivato è preoccupato dal «clima di svaccamento generale che stanno provocando i social». Nell’era della “post verità” in rete vale davvero tutto: virologi e mamme informate finiscono per godere della stessa credibilità nella disputa sui vaccini. E anche «le tesi più inconsistenti trovano terreno fertile conquistando prima il web, poi le piazze e ora seggi nei consigli comunali». Carradori si consola, anche se solo parzialmente, citando un «recente studio che dimostra come a non vaccinarsi non siano tutti militanti no vax ma - dice il direttore generale di Ausl Romagna - anche tanta gente che sente il bisogno di maggiori informazioni o di lasciare che prima siano altri a immunizzarsi per vedere l’effetto che fa. Molte di queste persone possiamo recuperarle». Rinunciare di fatto a scegliere il proprio sindaco per votare contro i vaccini però è un gesto potente, radicale. «La cultura scientifica è complicata - osserva ancora Pivato -, non tutti sono in grado di comprenderla. Il linguaggio dei social porta alla radicalizzazione: è diretto, capace di riempire le piazze». E ora anche le urne. «Ma non è affatto un buon segnale» perché «niente è più terribile di un’ignoranza attiva», come scrive il docente nel suo profilo whatsapp citando Johann Wolfgang von Goethe.