Cesena, omicidio al parco: condannata per falsa testimonianza la compagna dell’assassino

Cesena
  • 07 giugno 2024

Falsa testimonianza nel processo per omicidio in cui imputato (ora all’ergastolo) era il suo convivente. È stata condannata ad un anno e 4 mesi di reclusione (pena sospesa) G.G, compagna di Giuseppe Di Giacomo, conosciuto nel quartiere dove viveva come “il siciliano”, condannato all’ergastolo per aver ucciso a coltellate il 19 dicembre del 2020 l’odiato vicino di casa Davide Calbucci.

Un delitto premeditato ed efferato secondo quanto venne ripercorso nell’Assise di Forlì, in cui Di Giacomo colpì con una raffica di coltellate Davide Calbucci al parco Fornace Marzocchi delle Vigne per poi, guidato dalla compagna in auto, recarsi al carcere della Rocca di Forlì e costituirsi alla polizia che lo stava già ricercando ovunque.

Ieri nell’aula del giudice Federico Casalboni sia l’accusa (pm Alessandra Dati) che la parte civile (l’avvocato Alessandro Sintucci che tutelava Iwona Bednarz, la moglie dell’assassinato) avevano chiesto una quantificazione della pena nell’esatta misura in cui poi è stata concessa dal giudice. A G.G. (difesa dall’avvocato Antonino Lanza, che ne aveva chiesto l’assoluzione) è stato contestato di aver omesso i dettagli del racconto di un fatto avvenuto quasi un anno prima dell’omicidio, a Santo Stefano 2019, dove nel corso di una lite condominiale Giuseppe Di Giacomo, davanti ad altri testimoni sule scale del condominio, aveva minacciato di “tagliare la gola” a Calbucci.

Ma soprattutto alla compagna del “siciliano”, veniva contestato l’aver negato quello che per l’accusa è sempre stato il movente del delitto e quanto meno della premeditazione dello stesso. La sera prima dell’omicidio un dialogo tra la figlia della donna incontrata sulle scale di casa e Calbucci. Che “avvisava” lei e sua madre di «stare attente» perché in casa vivevano con un molestatore di donne. Lo stesso Di Giacomo aveva riferito durante il processo per omicidio questo episodio. Che G.G. ha invece catalogato come un «falso ricordo». Un qualcosa di cui «avevano parlato successivamente, quando Di Giacomo era già in carcere». Per il giudice la falsa testimonianza della 60enne, dopo averla anche ascoltata in udienza, è risulta provata. Oltre alla pena detentiva, alla parte civile è stato riconosciuto un risarcimento danni di 6mila euro.

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