Cesena, mappati i terreni vicini al parcheggio dei Cappuccini: “Qui Cristina Golinucci va ancora cercata”

Cesena
  • 09 gennaio 2024

«La testimonianza che portiamo qui oggi “suona” esattamente come l’appello che da 31 anni lancio senza sosta. A Cesena ci sono tante persone che sanno. E devono aiutarci parlando, come ha fatto questo signore di Gambettola dandoci questa nuova traccia per indagare sulla scomparsa di mia figlia».

Maria Degli Angeli, la mamma di Cristina Golinucci, ieri mattina è tornata a ridosso del convento dei frati Cappuccini, a fronte del parcheggio dove si sono perse le tracce di sua figlia il 1° settembre del 1992. Era accompagnata da suo fratello Pino, lo zio di Cristina, da uno storico membro di Penelope e dei tanti comitati che negli anni hanno sempre sostenuto le ricerche e la volontà di non dimenticare questo caso di scomparsa; ma anche dall’avvocato Barbara Iannuccelli, arrivata da Bologna assieme ad un suo collaboratore investigativo. Per visionare i luoghi nei quali, ancora oggi dopo tanto tempo, non sono state fatte ricerche specifiche per trovare il corpo di Cristina Golinucci.

Scavi sospetti

La vicenda è quella descritta a fine 2023 dal Corriere. Nata dalla telefonata in redazione di un ex dipendente del consorzio di bonifica. Un uomo ora 69enne, residente a Gambettola che, appreso della proseguo delle nuove indagini (nate ormai quasi un anno fa) per la scomparsa della ragazza di Ronta e per la morte della cesenate Chiara Bolognesi, ha voluto chiarire pubblicamente quello che era un suo ricordo di quando era un giovane lavoratore.

A fronte del parcheggio dove venne ritrovata la Fiat 500 di Cristina regolarmente posteggiata, c’erano in corso i lavori di costruzione (erano lavori ormai ultimati) dell’impianto di raccolta e smistamento delle acque, che ora vanno anche dai pozzi e si miscelano nell’acquedotto cittadino assieme a quelle di Ridracoli. Tubature che fin da allora ed ancora oggi passano dal lato parcheggi di via Dei Cappuccini, ad una nuova struttura di controllo dell’impianto idrico che all’epoca era stata appena realizzata. Tutt’intorno, ancora nel 1992, c’erano scavi. Con la terra di riporto che veniva mossa da camion dalla zona dei cappuccini per essere trasportata (come materiale di copertura delle immondizie) nell’allora attiva discarica di Rio Eremo.

Zona mai setacciata

«Nel riesame fatto di tutti gli atti delle tante inchieste sulla scomparsa di Cristina - spiega l’avvocato Iannuccelli - emerge chiaramente come in questa porzione di terreno non si sia mai cercato con efficacia. Malgrado ci fosse in quel momento tanta terra “mossa” e potesse essere dunque facile per chiunque abbia fatto del male a Cristina scavare una buca e buttarcela dentro, senza peraltro destare particolari sospetti a chi a cadenza regolare lavorava nel cantiere».

Da allora le tecnologie hanno fatto passi da gigante. Ma anche nel 2010, quando al convento entrerà per la prima volta lo strumento del Georadar, non si fecero passare gli scanner da quella parte di terreno a fronte del parcheggio conventuale.

Georadar

Che il Georadar sia in grado di percepire la presenza di frammenti ossei anche a profondità ampie è noto. Ad esempio nell’indagine del 2010 vennero trovate (nella zona interna al convento e nei cortili retrostanti) tanti frammenti ossei. Che, senza effettuare alcun tipo di “raffronto Dna” con il Dna dei familiari di Cristina, venero stimati da un patologo come “troppo datati” per poter appartenere a Cristina Golinucci.

«Ma di fatto qui a quanto capito non è stato mai guardato. E forse sarebbe il caso, visto che un’indagine è ancora aperta, di poter verificare con strumenti tecnologici adatti ed attuali anche questi terreni».

Magari questa volta, raffrontando il Dna di eventuali ritrovamenti con quello di mamma Marisa o con la sorella di Cristina Golinucci. Per escludere al 100% (o confermare) che eventuali ritrovamenti non abbiamo a che fare in nessuna maniera con Cristina.

Visita al testimone

Il gruppo di familiari e legali della Golinucci si è poi trasferito prima di pranzo a Gambettola per incontrare di persona il testimone e cercare di farsi “mappare” visivamente le zone protagoniste degli scavi di allora e mettere tutto a disposizione della procura della repubblica per eventuali nuove ricerche. «Che speriamo possano avvenire. Così come e speriamo che l’esempio dato da questa persona, che ha ricordato e reso pubblico un particolare importante, possa essere seguito da altri. Ho avuto modo di leggere tante carte di tante testimonianze rese nel corso di queste indagini - chiosa la madre della ragazza - Si tratta spesso di dichiarazioni che mi hanno fatto molto male e per le quali, volendo, vorrei urlare tutto il mio dolore e la mia rabbia. Ma la cosa importante è un’altra. Cioè che non si dimentichi mai Cristina e soprattutto che chi ha elementi utili da fornire lo faccia parlando».

Tra le ultime ricerche testimoniali in atto c’è anche quella di una donna che ha confessato alla sua parrucchiera (all’epoca dei fatti) di aver visto Cristina litigare con una persona nella zona del parcheggio.

Il predatore sessuale e Boke

Le ricerche in questi ambiti spostano il mirino dell’investigazione non tanto sul predatore sessuale cesenate a cui viene data la caccia nell’inchiesta ancora in corso per la quale è stata data una proroga di tre mesi all’archiviazione. Quanto sulla figura di Emanuel Boke. Latitante in Francia e (sotto in nome diverso) ricercato per reati di natura sessuale. Violenze come quelle che aveva commesso a Cesena e per le quali in Romagna era stato condannato a quasi 5 anni di reclusione, scontati prima di lasciare l’Italia.

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