Sembra la trama di una commedia all’italiana un po’ surreale, ma è invece un caso finito, con tutti gli onori della sventura, nelle aule del Tribunale di Forlì. Al centro della vicenda c’è una Citroën C3 e il suo legittimo proprietario che, a maggio 2023, ha scoperto a sue spese che a volte bastano pochi secondi di distrazione per innescare una catena di eventi degna di un film catastrofico. Tutto è iniziato con un gesto di pura cortesia familiare: accompagnare suocera e cognata per una visita all’ospedale Bufalini. Una cortesia che purtroppo si è macchiata ben presto da un “disguido” logistico, come ha raccontato in aula la vittima. Le due donne, giunto il momento di andarle a riprendere, non erano nel punto indicato per prelevarle. In preda a una legittima preoccupazione, dato che non rispondevano al cellulare, l’uomo ha compiuto l’errore fatale che ogni istruttore di guida condannerebbe con un’occhiataccia: è sceso dall’auto spenta, ma lasciando le chiavi inserite nel quadro.
È bastata la manciata di secondi necessaria a compiere un giro di consultazione all’interno dell’ospedale per permettere a qualcuno (un uomo ora finito a processo davanti al giudice Federico Casalboni ndr) di cogliere l’occasione al volo e darsi alla fuga con la C3. Dopo qualche settimana, le forze dell’ordine hanno ritrovato l’auto. Sospiro di sollievo? Neanche per sogno. La vettura era parcheggiata nell’area di sosta di un supermercato, ma con le ruote a terra. Ma non è finita qui. Prima che il legittimo proprietario potesse organizzarsi per il recupero e la sostituzione delle gomme, è arrivata l’alluvione di maggio 2023. L’acqua non ha avuto pietà e la C3, già provata dal furto e dalle ruote sgonfie, è stata danneggiata completamente. La vettura, da oggetto di furto, si è trasformata in un relitto. A resistere sono state solamente le chiavi dell’auto che sono state ritrovate successivamente dalle forze dell’ordine in un’abitazione collegata all’imputato. Un indizio che ha chiuso il cerchio tra la disavventura iniziale e la persona finita ora a processo, difesa dall’avvocato Alberto Avellone. In attesa della decisione del giudice, l’unica sentenza l’ha già emessa la sorte nei confronti della parte offesa: mai più lasciare le chiavi inserite nel quadro della macchina.