Cesena, la polemica: “La campagna anti violenza della Regione rischia di aumentare le disparità”

Dodici manifesti affissi in città nell’ambito di una campagna di comunicazione della Regione per invitare le donne a rivolgersi agli sportelli attivi contro la violenza di genere scatenano la reazione del patron di Radio Centrale, che ha deciso di scrivere alla consigliera di parità della Regione, per spiegare perché a suo parere sono sbagliati. E ha anche fatto un provocatorio “controcanto”: la preparazione di un manifesto che fa il verso a quelli dell’iniziativa contestata, ridimensionando a parole maleducate quelle indicate invece come segni di una prepotenza davanti a cui rivolgersi ai servizi pubblici di protezione delle donne. “Se tuo marito ti dice che hai bruciato l’arrosto non è violenza...invitalo a mangiare fuori” è la frase che Franco Botta ha ideato e diffuso facendola circolare sui social e acquistando spazi per inserzioni a pagamento sul “Corriere”, in attesa di fare anche affissioni sulle plance cittadine.
Le ragioni per cui critica la campagna lanciata da Bologna, che - sottolinea - «è pagata con i soldi di tutti noi», ha provato a spiegarle in una lettera inoltrata a Sonia Alvisi, consigliera di parità della Regione. Pensa innanzitutto che si sia violato un principio basilare della Costituzione, quello per cui - scrive - «siamo tutti uguali senza distinzione di sesso, colore e religione». A suo avviso, nei manifesti anti-violenza diffusi ci sono due problemi. Il primo è che contengono un messaggio «rivolto solo alle donne» e quindi partono dal presupposto che ci sia «un contrasto di genere a senso unico». Più nello specifico, Botta pensa poi che le frasi scelte dalla Regione, «astrattamente pronunciate ed enucleate da un contesto specifico di maltrattamento e sopruso, della violenza non ne hanno il carattere». Su questo secondo punto, cita “Ma quanto hai speso? Non sai neppure fare la spesa”, “Neanche le tue amiche ti sopportano. Sei ridicola!” o, ancora, “Sei tu il problema di questa famiglia”. Si dice convinto che rientrino in un normale «diritto di critica», pur «sgarbato». Osserva che le stesse parole potrebbero essere «declinate al maschile»», cosa che accade e infatti ci sono «uomini che hanno sofferto e si sono anche suicidati per violenza psicologica da parte delle donne». E allora, secondo il patron di Radio Centrale, ci sarebbe una discriminazione, perché le stesse parole possono «ledere anche la sensibilità degli uomini» e invece i manifesti riguardano solo i casi in cui un uomo offende una donna». Non solo. A suo parere, quell’approccio «offende anche le donne», in quanto «ne squalifica l’immagine» presentandole come «incapaci di rispondere se non rivolgendosi a un centro antiviolenza».
Quella campagna - conclude Botta - finisce per «aumentare il divario di genere», mentre il concetto su cui bisognerebbe insistere è che «uomini e donne hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri. Questa campagna non mi pare stia aiutando né gli uni né le altre». Non manca un rimprovero all’amministrazione pubblica, che «dovrebbe dirimere i conflitti di genere, non fomentarli». L’auspicio finale rivolto alla consigliera Alvisi è che si possa «modificare la comunicazione, rivolgendovi allo stesso modo alle donne e agli uomini, per non offendere la sensibilità di entrambi». E comunque invita a prestare più attenzione alle parole usate, in quanto quelle inserite dalla Regione sui manifesti sono «sinonimi di offesa, non di violenza».