Cesena, infortunio sul lavoro: calvario di 16 mesi e cure riabilitative gratis negate a operaio 53enne

Sembrava un infortunio sul lavoro risolvibile in tempi ragionevoli. Invece, il manutentore meccanico 53enne che ne è stato vittima nel giugno 2024 si è infilato in un tunnel da cui non riesce a uscire da 16 mesi. Nell’ottobre dello scorso anno è stato operato al menisco, rimasto lesionato dopo essere scivolato da una scala all’interno della ditta per cui lavora. Doveva essere un problema superabile in 40 giorni e invece il recupero si sta rivelando lunghissimo, anche per l’insorgenza di ulteriori problemi agli arti inferiori e alla schiena collegati a quell’infortunio. Tanto che, con l’ausilio del patronato, ha iniziato le pratiche per cercare di ottenere il riconoscimento di una malattia professionale. Ma oltre al danno, ora è arrivata la beffa. Davanti al progressivo peggioramento delle condizioni di salute, il 12 dicembre scorso un fisiatra ha certificato gravi difficoltà motorie e, così come l’ortopedico di una struttura privata, gli ha prescritto diverse terapie. E qui arriva il cortocircuito della vicenda: il 25 ottobre l’Ausl gli aveva infatti sospeso le terapie “minime” garantite gratuitamente. Così il lavoratore, una dozzina di giorni fa, si è rivolto al responsabile della Fisioterapia di Cesena e ha fatto una segnalazione all’Urp, ma al momento riferisce di avere solamente ottenuto di essere messo «nuovamente in lista d’attesa, ma in una struttura privata diversa» da quella dove si era fatto curare in precedenza, a causa «dell’esaurimento del budget» e «con tempi d’attesa fino a 40 giorni». Questo è per ora l’ultimo atto di una storia amara, in attesa di un’altra visita con l’Inail già fissata. Ma quello che è accaduto finora viene considerato assurdo dal protagonista della vicenda, che non nasconde la sua preoccupazione anche per le ricadute economiche che la situazione rischia di avere pesantemente su una famiglia di cui fanno parte anche una moglie non occupata e un figlio che studia con profitto all’università. È andato tutto storto fin dall’inizio: «L’Inail di Cesena - spiega l’uomo - mi ha negato la fisioterapia intensiva post-operatoria. Mi hanno scaricato sull’Ausl, che ha fornito cure minime e frammentate, con interruzioni forzate fino a 30 giorni tra un ciclo e l’altro. Per un anno ho chiesto aiuto alle istituzioni, ricevendo solo risposte che sanno di beffa. Il presidente della Regione, Michele De Pascale, mi ha comunicato per iscritto che la colpa è del Ministero della Salute. Il Ministero della Salute mi ha risposto invece che la responsabilità è della Regione». Resta il fatto - sottolinea - che «per tentare di non rimanere invalido, ho dovuto pagare di tasca mia le cure private, ma ora non posso più permettermi queste spese. L’Inail, che per legge dovrebbe garantirmi il ritorno al lavoro, mi sta condannando all’invalidità. E senza essere in salute, non posso mantenere la mia famiglia». Non è solo un problema personale: «Ho deciso di rendere pubblico quello che sto vivendo prima che diventi definitiva la mia disabilità, ma anche quella di tanti infortunati sul lavoro in Emilia Romagna, e le famiglie finiscano sul lastrico».

Entrando più nel tecnico e nello specifico, i medici hanno consigliato, in attesa di una visita specialistica ortopedica, dieci sedute di tecarterapia. Ma l’operaio spiega che ognuno di questi trattamenti costa 36 euro, visto che dalla Regione hanno spiegato, nero su bianco, che quel tipo di terapia «non è prevista nei Lea, ossia non può essere erogata a carico del Servizi Sanitario Nazionale», in attesa di «un chiarimento del Ministero della Salute». Tutto questo perché sarebbe a livello nazionale che si è deciso di escludere dai Lea (e quindi non sono coperte le spese) le terapie strumentali, di cui al momento dovrebbe quindi occuparsi l’Inail. Ma quest’ultima ha comunicato, citando un Dpcm del 2017 e della delibera regionale 1059 del giugno 2024, che non eroga più fisioterapie. E così l’uomo si sente in una “terra di nessuno”.

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