Cesena, in Commissione Alluvione l’analisi dei tecnici incaricati dalla Regione: «Evento senza precedenti»

Cesena

Un evento eccezionale probabilmente influenzato, nelle sue dimensioni, dal cambiamento climatico, e che rappresenterà uno spartiacque tra passato e futuro. Per questo la ricostruzione avrà bisogno di un radicale cambiamento di vedute, un ripensamento del modo in cui si pianifica e si agisce per la messa in sicurezza del territorio. Queste in estrema sintesi le conclusioni a cui è arrivata la commissione tecnica a cui la Regione Emilia Romagna ha affidato l’analisi degli eventi meteorologici estremi di maggio 2023, ieri al centro della seduta della Commissione speciale Alluvione.

A raccontare a consiglieri e commissari quanto emerso c’erano Armando Brath, docente dell’università di Bologna e uno degli esperti che hanno realizzato l’analisi, e Monica Guida, responsabile del settore difesa del territorio in rappresentanza per la Regione. Brath è partito da quanto accaduto in quei giorni, ha ricordato le 23 rotture arginali che hanno comportato la fuoriuscita di 360 milioni metri cubi di acqua, 12 volte quella che può contenere la diga di Ridracoli. Nel caso di Cesena il punto più critico è il ponte della ferrovia. È a monte di questo che si è registrata la prima fuoriuscita.

Ma se questi sono gli esiti, che chi ha vissuto quei giorni ormai ben conosce, Brath è passato a illustrare l’analisi delle cause. Al plurale, perché uno dei primi elementi messi in evidenza è la presenza di più elementi che hanno concorso a quanto successo. Il punto di partenza di questa parte di racconto è stata l’analisi dei volumi delle piogge, mettendo a confronto quelli dei primi di maggio e quelli di metà maggio, ma anche andando a cercare i precedenti storici. L’evento più simile del passato è quello del 1939, anche allora con due eventi a circa 15 giorni di distanza, ma sovrapponendo i dati di allora con quelli del 2023 emerge che il secondo, e in particolare l’alluvione del 16 e 17 maggio, è stata più gravosa del 45%. «Un’enormità», commenta Brath. Il terreno completamente saturo dell’acqua già piovuta nei giorni precedenti ha fatto sì che la pioggia diventasse acqua di deflusso in una misura enormemente maggiore rispetto a quello che accadrebbe in altre situazioni.

Quanto al tempo di ritorno, cioè con quale probabilità e in quali tempi un evento come quello vissuto a maggio potrebbe ripetersi, Brath ha spiegato che non considerando quanto imparato lo scorso anno, il tempo di ritorno in diversi casi supererebbe i 500 anni. Ma quelle previsioni, comunque basati su calcoli statistici, cambiano di molto se invece si considera quanto appreso nel frattempo e i quasi mille anni di uno dei casi presi in considerazione, diventano 300.

Brath si è soffermato sul ruolo dei cambiamenti climatici, spiegando che sebbene costituiscano un elemento di allarme piuttosto consolidato dai dati, quando si passa alle previsioni queste sono ancora soggette a un forte grado di incertezza dato che molto dipenderà da quello che la popolazione globale farà per contrastare la crisi climatica.

Il ruolo di infrastrutture come il canale emiliano romagnolo, delle reti di bonifica, delle reti fognarie cittadine aggiunge un ulteriore elemento di complessità all’analisi. Le acque tracimate dai fiumi, mentre “marciavano” verso il mare seguendo le naturali pendenze sono state intercettate da queste infrastrutture che hanno finito con cambiare la direzione delle esondazioni spostando le acque altrove.

Il consumo di suolo, la gestione del territorio agrario e della manutenzione e gestione fluviale sono temi su cui andranno ribaltate le prospettive rispetto al passato. «La vera sfida nella definizione dei piani speciali di ricostruzione previsti dal decreto 61 - è intervenuta Monica Guida - sarà quella di recepire le indicazioni emerse. Che in alcuni casi cambiano radicalmente il modo in cui si sempre concepita la pianificazione fin qui». Una delle indicazioni dei tecnici è infatti di non lavorare più per garantire in modo omogeneo la sucirezza sui tempi di ritorno di 200 anni, ma di agire in modo puntuale, per priorità nella messa in sicurezza, e lavorando su casse di espansione e allagamenti controllati.

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