Cesena, in Appello lo stupro all'amante che l'aveva lasciato

Cesena

Amante stuprata quando il rapporto tra i due era finito e lei voleva lasciarlo.

È iniziato davanti alla 2ª Sezione della Corte d’Appello di Bologna il processo di secondo grado per il carabiniere (in servizio presso una Stazione dell’Arma Cesenate) che nel 2019 è stato condannato a 5 anni 20 mila euro di provvisionale risarcitoria per aver abusato sessualmente di quella che per anni era stata la sua amante. Una donna con delle minorate capacità di gestione emotiva che, nella sentenza di primo grado letta nell’aula del presidente Rossella Talia, fu a tutti gli effetti stuprata.

Lo svolgimento del processo di secondo grado appena partito (così come complessivamente tutto l’impianto accusatorio) per ora è quanto meno “in sospeso”. Manca, nel fascicolo della 2ª Sezione di Appello di Bologna, il dispositivo della sentenza di primo grado e, cosa ancor più seria sotto il profilo procedurale, manca agli atti l’originale della querela sporta dalla donna. Documento la cui assenza, da sola, è in grado di invalidare tutto il lavoro fatto fino ad ora dai giudici e dagli avvocati in 1° grado.

L’Appello è stato rinviato alla metà del mese di gennaio dove, per proseguire, servirà che il documento sia nel fascicolo del giudice. A quel punto però i giudici dovranno esaminare una seconda eccezione presentata dalla difesa del carabiniere (avvocato Raffaele Pacifico).

Siamo come detto nel 2016 quando l’uomo apprese di essere indagato per stupro. Nell’immediatezza il militare chiese di essere interrogato dalla procura. Gli inquirenti risposero con un fax nel quale un eventuale interrogatorio veniva “riservato all’esito dell’incidente probatorio”.

La donna è stata sentita dal Pm mentre per l’allora indagato l’ascolto da parete dell’accusa fu procrastinato a dopo la “fine indagini”: quando qualsiasi indagato di qualsiasi reato ha 20 giorni di tempo per chiedere di essere interrogato.

In un reato di tipo sessuale come questo il potersi subito confrontare spiegando la propria posizione ha un valore fondamentale. A maggior ragione in una situazione dove l’accusato ha (sempre) negato qualsiasi atto di violenza compiuto costringendo la vittima.

Secondo la difesa dunque ci sarebbero tutti gli estremi per un ricorso alla Corte Costituzionale.

Altra cosa che potrebbe interrompere il secondo grado in attesa di riscontri dalla massima autorità giuridica.

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