Cesena, in 300 in piazza per non accontentarsi di «una falsa pace»: tanti giovani e venti interventi

Quasi 300 persone si sono radunate di nuovo stasera, questa volta in piazza Almerici, per lanciare un messaggio forte chiaro: quella raggiunta è una falsa pace, perché non può esserci pace senza giustizia, e il sostegno ai Palestinesi deve proseguire fino a quando si libereranno dall’occupazione e dalle violenze di Israele. Per un’ora e mezzo, con poche bandiere e qualche cartello e striscione “resistente”, e il coro “Free free Palestine, Palestina libera”, si è svolta nel cuore della città una manifestazione sorprendente per almeno due motivi: il grande numero di giovani e la voglia di parlare di tanti. Con la formula del “microfono aperto”, invitando chiunque a prendere la parola, il Comitato Cesenate per la Palestina che ha organizzato il raduno ha dato voce a ben 20 dei presenti, che hanno detto la loro con grande passione. E sarebbero probabilmente stati di più se intorno alle 20.30 non si fossero scaricate le batterie, che non hanno però impedito a chi stava parlando di finire di condividere le proprie idee coi manifestanti, che si sono stretti in cerchio attorno a lei. Colpisce il fatto, insolito in questo tipo di occasioni, che la maggior parte delle persone che hanno parlato non erano militanti di forze politiche (ancora una volta, i più combattivi sono stati i rappresentanti di Alleanza Verdi Sinistra, in questo caso Cristina Mengozzi e Fabio Marcon, ma in piazza si è visto anche il segretario del Pd di Cesena, Sebastiano Castellucci) o di associazioni. Molti hanno voluto esporsi come singoli, senza “bandierine”, per un’esigenza di coscienza.

Accorato l’appello di un infermiere dell’ospedale Bufalini, che ha sollecitato il governo a interessarsi delle «persone a bordo della Freedom Flotilla, rapite, come era accaduto nella missione precedente della Global Sumud Flotilla: medici, infermieri e giornalisti di cui non si sa niente, a parte che stanno subendo maltrattamenti da parte degli Israeliani». Sempre incalzanti anche le riflessioni dell’immancabile Francesco Occhipinti, di Legambiente e Stop rearm Europe.

In apertura, il portavoce del comitato che ha promosso questa ennesima mobilitazione pro Palestina ha spiegato che la decisione di confermarla, nonostante il cessate il fuoco, è dovuta al fatto che «questa tregua non basta: nulla dice dell’Apartheid, nulla del furto di terra, nulla del diritto del popolo palestinese a vivere libero e indipendente. Parla invece di interessi economici, di gas, di potere, di un Occidente complice e ipocrita». Da qui alcune richieste ferme: «Si approfondiscano e rendano pubblici i contenuti dell’accordo; ogni punto dell’intesa venga valutato alla luce del rispetto pieno e vincolante del diritto internazionale; non si fermi la mobilitazione civile finché non saranno garantiti diritti politici fondamentali al popolo palestinese, cioè il diritto all’autodeterminazione, la fine dell’occupazione e riparazioni concrete per la distruzione subita; la politica del riarmo di fermi e parli il dialogo e si rispetti il diritto internazionale».

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