Cesena, evade dal carcere: condanna mite ma ergastolo per omicidio allungato “a tempo indefinito”

Cesena
  • 17 aprile 2024

È stato condannato ad una pena mite (8 mesi di reclusione) «per tenuità del reato commesso». Una pena esecutiva che però torna a dilatare “a tempo indeterminato” l’ergastolo che stava scontando e che, verosimilmente, si avviava ormai alla conclusione.

Questa la sentenza letta ieri dal tribunale di Parma nei confronti di Enzo Berni: ormai 60enne di origini sampierane, unico ergastolano tra le condanne staccate dopo l’omicidio del 17enne cesenate Thomas Salaroli.

Enzo Berni è in cella dal 1997. Fu arrestato pochi giorni dopo il ritrovamento (era il 26 dicembre di quell’anno) del cadavere di Thomas Salaroli: ragazzino centrato da un colpo di pistola alla testa, freddato per un regolamento di conti nell’ambiente del micro spaccio di droga ai piedi della chiesa di Santa Lucia a Roversano. Materialmente a sparare ed uccidere fu un minorenne (che scontò tre anni di messa alla prova) ma Enzo Berni, processualmente, è stato considerato dai giudici d’Assise tra i vari imputati l’unico meritevole dell’ergastolo: che in Italia significa di solito una pena di poco superiore ai 30 anni. Condanna da scontare che, nel tempo, scende per buona condotta e quasi mai (almeno se si è abbastanza giovani al momento della sentenza) si traduce in una condanna “a vita” come nell’immaginario collettivo.

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Berni, tre anni fa, era già da tempo in regime di semilibertà a Parma. Lavorava in una caserma di polizia e rientrava in una ala leggera dal carcere solo la sera. Decise di scappare dalla reclusione perché non veniva trasferito al “lavoro diurno” in una cooperativa privata, che è solitamente l’anticamera della liberazione completa e della fine del percorso di riabilitazione di un ergastolano. «Non sapevo neppure dove andare e non avevo con me neanche le mie medicine salvavita. Sono pentito per ciò che ho fatto» ha detto ai giudici durante il processo. Berni non rientrò a dormire la notte: prese un treno e poi un bus spostandosi da Parma a Modena. Dopo tre giorni la polizia lo rintracciò in una casa abbandonata. «Non ne potevo più e, dopo 3 anni, ritenevo di essere nel diritto di passare dal lavoro in caserma a quello in una cooperativa privata» ha detto in aula. L’accusa per lui ieri durante le richieste ha spinto per una sentenza di 8 mesi di reclusione per la tenuità del fatto commesso. La difesa (avvocato Francesco Minutillo) aveva chiesto l’assoluzione o in subordine proprio la pena di 8 mesi poi erogata. Una sentenza “mite” dunque. Ma il percorso di riabilitazione di Berni si è interrotto il giorno della sua evasione. Di fatto questa condanna (le cui motivazioni si conosceranno tra 90 giorni) contribuisce ad aumentare ad una misura sconosciuta quell’ergastolo che, prima di scappare, aveva ormai finito di scontare.

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