«Nessun bambino è stato indottrinato o utilizzato come un “balilla”. Sono stati i bambini stessi , influenzati da quanto purtroppo sta accadendo, a chiedere a noi genitori e ai docenti di manifestare il loro desiderio di pace. È vergognoso che qualcuno voglia strumentalizzare il desiderio di pace di bambini e bambine per i suoi scopi politici!». Così i genitori dei bambini e delle bambine della scuola primaria Don Baronio hanno espresso la loro indignazione e rammarico per la polemica scatenata dalle dichiarazioni della Lega Cesena, a cui sono seguiti innumerevoli commenti di attacco ai bambini sui social. Oggetto degli attacchi la marcia per la pace organizzata con le scuole del terzo circolo che hanno organizzato per le vie del centro e che li ha portati in piazza del Popolo dove sono stati accolti dalle assessore alla Scuola e alla Pace Maria Elena Baredi e Giorgia Macrelli.
In tutta questa vicenda quello che più ha colpito gli adulti coinvolti è stato anche il dover spiegare ai loro figli perché la loro passeggiata di lunedì scorso e i loro canti per la pace abbiano scatenato tanto odio. «I bambini hanno saputo di tutta questa polemica - racconta Francesca Rasi mamma di un bimbo di quinta elementare - e quando mio figlio l’ha saputo è rimasto stupito. Mi ha chiesto “perché hanno detto queste cose?” ed io ho dovuto spiegargli che ci sono persone che utilizzano cose buone per trasformarle in cose brutte che possano andare a loro vantaggio. L’iniziativa è nata in maniera spontanea e ha visto l’adesione di tutta la nostra scuola, che conta circa 186 bambini e bambine, più altre classi del III circolo e di altre scuole. Ed è nata dalla stessa volontà dei bambini dopo che i loro insegnanti non avevano aderito allo sciopero generale scegliendo invece di fare un lavoro sulla pace. Strumentalizzare in questo modo la passeggiata per la pace dei bambini è vergognoso. Tutto questo offende anche la scuola e gli insegnanti a cui va il nostro elogio per il lavoro fatto. Attaccare in questo modo la scuola è ignobile».
Un’altra mamma di una bimba di quinta elementare si è detta indignata e molto infastidita dai commenti che sui social si sono scatenati contro i bambini. «Il concetto di pace è un concetto che trascende ogni colore politico. I bambini non vivono in una bolla, si rendono conto di quanto sta accadendo ad altri bambini come loro nelle guerre. Mi ha dato molto fastidio vedere i commenti beceri sui social contro i bambini. Ho cercato di tenere mia figlia lontano da questi, ho filtrato perché non volevo che le rovinassero una cosa tanto bella come aver manifestato per la pace».
Alessandro Severi, papà di una bambina di quinta elementare, è stato più caustico. «Non ha senso strumentalizzare certe cose, perché quando si parla di pace, la cui bandiera è fatta da tutti i colori dell’arcobaleno, questa va al di sopra di ogni colore e bandiera politica. Pensare solo che dei bambini e delle bambine possano essere stati strumentalizzati è svilente e lo possono pensare solo persone ignoranti, che ignorano questi valori. La storia non ha insegnato niente a queste persone. Fra scuola e genitori si stabilisce un patto educativo di pace e di altri valori, patto che per metà deve essere rispettato dalle famiglie. Se a casa questa metà non c’è non si educano i bambini a questi valori ed evidentemente in queste famiglie questa metà di patto non c’è».
E se qualche genitore con pacatezza ha asserito che «tutto questo si commenta da solo», Patrizia Baldin mamma di un bambino di 9 anni ha voluto aggiungere che «sono d’accordo sulle critiche che bisognerebbe tenere fuori i bambini da queste situazioni. Ma perché bisognerebbe tenerli fuori dalla guerra! Non possiamo dire noi strumentalizziamo o che vengono strumentalizzati dei bambini nel momento in cui gli raccontiamo in modo adatto alla loro età quello che sta succedendo e promuoviamo la pace, perché non è stata fatta una scelta politica direzionata, ma una promozione della pace, che è una parola a tutto tondo. Ma se la critica è che noi abbiamo strumentalizzato e dovremmo lasciar fuori i bambini, allora i bambini dovrebbero essere esclusi da situazioni di guerra, mentre invece sono proprio loro ad essere le prime vittime».