Cesena, biker 78enne tornato dall’Ucraina in guerra: «Strage nel condominio, ecco cosa è successo»



«Dopo tre anni di viaggi in Ucraina per raccontare i cambiamenti sociali di un paese in guerra, è forse più terribile vedere gli effetti di un bombardamento che subirne le conseguenze standomene sdraiato di notte su un materassino da campeggio in una sotterranea, insieme a tanta altra gente in paziente attesa che le sirene cessino di suonare». Parte da questa riflessione un amaro racconto di quanto è successo nella notte del 17 giugno a Kyiv, dove il cesenate Piero Pieri, che quel giorno era a Leopoli, è arrivato la settimana dopo, prima di fare rientro a casa, al termine di un viaggio in moto di 6mila chilometri, affrontato a 78 anni d’età. Per due settimane si è tuffato di nuovo nell’Ucraina devastata dalla guerra e adesso, dopo alcuni giorni per smaltire la fatica fisica ma soprattutto emotiva e psicologica dell’esperienza vissuta, ne condivide dal suo appartamento in via Martiri della Libertà la pagina più tragica, di cui ha visto coi suoi occhi i segni.
La strage nel condominio
«In un quartiere periferico della capitale ucraina - racconta - è accaduto un fatto apparentemente inspiegabile. Il Kh-101 è un missile di crociera russo, dotato di ali che gli permettono di planare sull’obiettivo aumentandone gittata ed efficacia. Dotato di tecnologia stealth è più difficile da individuare e da intercettare. Parliamo quindi di un missile piuttosto costoso, perché altamente sofisticato. C’è una ragione plausibile che abbia indotto gli ingegneri dell’esercito a puntare quel missile su un edificio abitato da famiglie? Figli e mariti sono in guerra. Nelle case restano i vecchi, le madri e i bambini. Ebbene, questo missile ipersonico è entrato nel tetto e ha distrutto otto piani arrivando fino alle cantine, facendo 16 morti, di cui 4 bambini che giocavano ogni giorno negli scivoli e nelle piccole giostre del vicino giardino. I russi non investono milioni di rubli per lanciare un missile che può solo aumentare in percentuali basse il numero di vittime civili. Per questo bastano i più economici droni».
Allora ecco una possibile spiegazione, che ovviamente non vuole e non può essere una giustificazione: «Nelle periferie sono presenti numerose piccole fabbriche che lavorano per l’industria bellica ucraina – riferisce il docente universitario cesenate a riposo –. Non è esatto che Zelensky affermi che i bombardamenti russi siano puro terrorismo verso i civili. I droni solitamente si concentrano sulla distruzione di queste piccole e anonime fabbriche, presenti in gran numero in un quartiere che l’ucraino che mi ha accompagnato mi ha chiesto di non citare. Problemi di sicurezza, mi ha detto, anche se il nome di questo quartiere è ben noto alla missilistica russa e, allo stesso tempo, il nome non è stato certo taciuto dai notiziari. Tuttavia, per questo ucraino ometterne il nome implica un bisogno di segretezza dettato dalla vita angosciante che si vive a Kiev da tre anni. Questa alta concentrazione di droni (440) e di missili (32) nella notte del 17 giugno, ha avuto il compito di radere al suolo le fabbriche con gli edifici circostanti, le auto, gli stessi alberi divenuti d’un tratto una solo vasto territorio incendiato. Solo che l’obiettivo di questo missile, il solo caduto in questo quartiere, non era la semplice esibizione della sua immane potenza distruttiva. Dall’alta parte del vialone c’è un Istituto tecnico. Era questo l’obiettivo, considerato che queste scuole spesso sono trasformate in laboratori di progettazione e disegno di nuove armi. Anche questo Istituto tecnico, dedicato a Sergej Korolev, un ucraino considerato il padre del programma missilistico e spaziale dell’Unione sovietica, dallo Sputnik a Gagarin, è alto otto piani e proprio lì avrebbe dovuto planare il missile. L’investimento economico su un’arma di questa rara potenza, allora, avrebbe avuto una sua razionalità militare». Risultato: «Un edificio di comuni cittadini di Kiev è crollato, e ora al suo posto c’è un vuoto rettangolare che si apre al cielo. Nei giorni seguenti la povera gente che vive in quella zona ha messo mazzi di fiori di campo, quattro lampade votive e i loro pupazzetti là dove i bimbi giocavano. Poco distante, sono stati ammassati sacchi di plastica dove le donne degli edifici circostanti hanno raccolto le cose rimaste intatte. Anche questo cumulo di sacchi bianchi simbolizza una strategia bellica che spezza per ragioni militari la vita della popolazione inerme. La guerra non fa sconti e non impara dai suoi errori. Quel costosissimo missile ad alta precisione, forse per un disturbo elettronico causato dalla sequenza accelerata dei bombardamenti, ha sbagliato obiettivo, colpendo con efficace potere distruttore un edificio civile».