Cesena, avvocati, ex agenti e imprenditori: la truffa del bonus bici elettriche fa rumore

Ci sono avvocati, ex agenti in pensione, imprenditori, dipendenti di municipalizzate e volti noti di associazioni di categoria. Prevalentemente persone di Cesena ma non manca nemmeno chi arrivava dalle zone di Bologna per approfittare della speciale formula di bonus che un unico rivenditore di biciclette elettriche di Cesena riusciva a garantire.
Ha fatto parecchio rumore l’indagine della Guardia di finanza del Gruppo di Cesena, coordinata dalla Procura di Forlì (pm Antonio Vincenzo Bartolozzi), per la quale 61 persone sono state denunciate per truffa. In un percorso giudiziario appena apertosi che potrebbe arrivare a dei risvolti che agevolino sia la macchina della giustizia sia chi, una volta smascherato, in una sorta di ravvedimento operoso fuori dall’udienza, ha almeno già avuto la buona creanza di chiedere scusa: restituendo l’ammontare dei fondi percepiti indebitamente.
La vicenda riportata nelle cronache di ieri è nata molti mesi fa. Quando la Regione Emilia Romagna aveva messo a disposizione, per incentivare la mobilità sostenibile, 500 euro a fondo perduto per tutti coloro che avrebbero acquistato una bicicletta elettrica, a pedalata assistita o una cargo - bike. Quei denari per chi abitava in una zona alluvionata, come ad esempio Cesena, aumentavano di ulteriori 200 euro messi a disposizione dal Comune.
Il trucchetto messo in campo o suggerito dal rivenditore di biciclette poi scoperto dalla Gdf, era quello di sommare, con fatture per altre prestazioni (come pezzi di ricambio) più bonus per un’unica bicicletta. Bastava coinvolgere nella richiesta un parente o un congiunto. Tale da moltiplicare quei 700 euro per due, tre o 4 volte ed ammortizzare dunque di parecchio per le tasche domestiche i costi di acquisto della bici elettrica nuova.
Alle spalle di altri eventuali e potenziali richiedenti il bonus, e soprattutto mettendo il rivenditore in una posizione di concorrenza sleale nei confronti di tutti gli altri rivenditori del mercato.
La denuncia ha coinvolto 61 persone denunciate: nello specifico 60 acquirenti (di 26 diverse biciclette) ed il rivenditore.
Se per il negozio di bici elettriche, considerato un vero e proprio organizzatore di questo raggiro per moltiplicare i bonus, non ci saranno sconti delle richieste della Procura in sede di rinvio a giudizio, lo stesso potrebbe non essere in futuro per chi ha azzardato l’acquisto moltiplicando indebitamente il bonus.
Già in tanti (per un ammontare di 30mila euro circa sui 46mila sottratti dalle casse di Regione e Comune) hanno dopo la comunicazione di fine indagine e la richiesta di rinvio a giudizio, deciso di restituire quanto avevano ottenuto di bonus. La bicicletta è rimasta di proprietà di chi l’ha comprata ma gli euro ricevuti a fondo perduto sono tornati già nelle casse dell’amministrazione pubblica. Per tutti questi non è escluso che la Procura della repubblica possa chiedere un non luogo a procedere per tenuità del danno. Posto che i soldi truffati con il bonus sono stati restituiti.
Uno strumento quello dell’articolo 131 bis, che alleggerirebbe di certo il carico processuale della vicenda da affrontare poi in aula. Ma che difficilmente sarà utilizzato anche solo sotto forma di richiesta al Gip per il rivenditore di biciclette: considerato il “deus ex machina” del raggiro ai danni della pubblica amministrazione.