Cesena, arrampicata su un monte sacro mai scalato in Mozambico nel regno dei leoni

Si chiama Phandambiri ed è un massiccio granitico alto circa 1.400 metri situato in Mozambico, Paese sulla costa orientale del contenente africano, nell’emisfero sud. Ai piedi di quella montagna, che non è mai stata scalata, si trova in questi giorni una squadra di quattro esperti alpinisti e due alpiniste del Cai, oltre a una figura di supporto per gli aspetti organizzativi e logistici di una missione emozionante: arrampicarsi per la prima volta su quella montagna. Della spedizione fanno parte due cesenati, fratello e sorella: Samuele e Anna Mazzolini, il primo alpinista accademico del Cai e arrampicatore di grande esperienza, lei nel ruolo di coordinatrice dei contatti istituzionali e della logistica locale.

La spedizione

A salire sulle pareti, alte circa 800 metri, insieme, a Samuele, ingegnere nato nel 1972 a Cesena ma residente a Forlì, dove insegna all’Iti, saranno Manrico Dell’Agnola, che è anche un fotografo, Maurizio Giordani e Mirco Grasso e anche due donne: Antonella Giacomini e Nancy Paoletto. Della parte organizzativa, fondamentale per la buona riuscita dell’impresa, si sono occupate appunto Anna, classe 1980, conosciuta a Cesena e non solo per la sua attività di consulente dell’Onu in governance urbana, e anche per la sua vena poetica, e Antonella Giacomini, che è anche giornalista ed esploratrice. Pur non facendo parte del team formatosi originariamente, si è aggregato al gruppo anche un altro cesenate: Daniele Gambi, compagno di Anna Mazzolini.

La zona dove stanno operando è molto isolata e priva di servizi. E’ immersa in una riserva naturale di 38mila ettari nel distretto di Macossa, famosa anche per la presenza non rassicurante di leoni. In zona c’è un piccolo villaggio di nome Zembe, privo di elettricità e acqua corrente (l’insediamento di capanne più vicino dotato di un minimo di servizi si trova a oltre tre ore di viaggio da compiere a bordo di mezzi fuoristrada), ma i membri della spedizione hanno allestito un mini-accampamento piantando sulla nuda terra piccole tende “canadesi”.

Il primo obiettivo è esplorare due pareti del finora inviolato Phandambiri. Lavorano a questo sogno da un anno, fin da quando, nel luglio 2024, Manrico Dell’Agnola e Antonella Giacomini, hanno fanno un primo sopralluogo sul posto. La scenografia è magica: la montagna è una sorta di colossale monolite che sbuca dal terreno piatto. Ha due pareti: una più verticale a est; l’altra meno ripida ma caratterizzata da placche lisce a ovest.

Il risvolto umanitario

Al di là dell’aspetto alpinistico, questa avventura ha anche una dimensione umanitaria. L’anima di questo aspetto è Anna Mazzolini, esperta in governance urbana presso Un-Habitat. E’ stata lei ad allacciare gli indispensabili contatti con le autorità locali, i capi tribali e i responsabili della riserva.

Le idee su come lasciare là anche qualcosa che migliori le condizioni di vita della gente sono diverse: presidi di energia elettrica e illuminazione tramite pannelli fotovoltaici e il generatore e gli impianti luce utilizzati durante la permanenza al campo base; creazione di di uno spazio protetto per i bambini più piccoli, libero da zanzare e mosche, donando le tende “zanzariera” impiegate dalla spedizione; valorizzazione della cultura e delle tradizioni del luogo; promozione della zona del Phandambiri come piccolo paradiso per arrampicatatori, sempre con grande attenzione alla sostenibilità e con la consapevolezza che non potrà che essere un’attività di nicchia, che potrebbe però portare qualche risorsa preziosa alla popolazione, magari formando anche qualche giovane del luogo come accompagnatore o arrampicatore.

Il monte Phandambiri

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