Cesena: 8 tetto ormai stanziali a vivere sotto al viadotto, tra freddo e pericoli igienici


L’estate è ormai lontana e l’inverno si avvicina. Almeno nelle temperature che ora, di notte, iniziano ad accostarsi sempre più allo zero.
Un fattore che non scoraggia, ma mette in serio pericolo, le tante persone che ancora occupano due delle arcate sottostanti il viadotto Kennedy. Senza tetto, spesso con di giorno anche una mansione lavorativa da svolgere come operaio o bracciante, che di notte non hanno altro riparo se non quello composto da poche masserizie ed un giaciglio appoggiato alla bene meglio al di sotto della strada che da via Assano porta verso al zona delle scuole.
Durante i lavori al viadotto prima e con il periodo delle scuole ripartito poi, tutti gli occupanti del sotto ponte (che prima vivevano nel lato più verso la sede Ausl e più a ridosso degli istituti superiori d’istruzione) si sono spostati alle spalle: nelle parti di arcate affacciate sul parco a fronte della nuova caserma dei carabinieri. Visibili costantemente soltanto dai residenti delle palazzine residenziali e delle case private che si trovano sul lato Vigne di via Delle Magnolie.
Una situazione di pericolo per persone, spesso (ma non sempre, si è scoperto nel tempo) di origine straniera. Che non hanno altro posto dove andare e non hanno nemmeno accesso (o non lo cercano neppure) nelle strutture protette e nei posti letto per senza tetto, che in città sia il Comune che altri enti mettono sempre a disposizione di chi si trova in difficoltà.
«Una situazione annosa e che si ripropone con cadenza sempre più tristemente regolare - spiegano proprio i residenti della zona a ridosso del viadotto - Una situazione di pericolo anche dal punto di vista igienico e sanitario, visto che si tratta di persone che a malapena riescono a trovare un po’ di cibo da mettere sotto ai denti e che comunque sono esposte, particolarmente da ora in avanti, al rischio di restare congelati nel solo tentativo di sdraiarsi e riposare alla notte».
Attualmente le postazioni occupate in maniera fissa sono otto. Con altrettanti “residenti”. «Non la si può definire neppure una tendopoli - chiosano i residenti - Visto che queste persone non hanno neppure una tenda in cui ripararsi un po’ di più».