Ausl Romagna: ecco le prime direttive dell'era Carradori
CESENA. Per prima cosa, si metterà in ascolto: così Tiziano Carradori, neo direttore generale dell’Ausl Romagna, si prepara ad avviare il suo mandato. Dal 1° luglio e per i 4 anni successivi il 62enne cesenate d’adozione sarà il terzo direttore generale dell’Ausl unica della Romagna, dopo Andrea Des Dorides e Marcello Tonini, dal quale raccoglie il testimone.
Prima l’ascolto
«La prima cosa che dovrò fare è ascoltare - commenta a caldo Carradori - per acquisire quegli elementi di conoscenza che nel giro di poco tempo mi potranno consentire di lavorare nelle migliori condizioni per servire il territorio, l’azienda e i colleghi che erogano l'assistenza. Perché è vero che ho lavorato in quasi tutta la Romagna, ma è altrettanto vero che in questo mestiere nessuno è imparato e nessuno può avere la presunzione che le cose rimangano immutate nel tempo. Quindi la prima fase sarà di attento e approfondito ascolto dei destinatari dei servizi, delle associazioni di volontariato, degli organi di rappresentanza dei cittadini, dei sindacati, degli amministratori locali».
Ma ovviamente - continua il neo-direttore generale - c’è anche «un obiettivo di carattere generale nel mandato che mi è stato conferito, che è quello di consolidare e sviluppare la sanità di tutta la Romagna, in tutti i territori, avendo particolare cura a valorizzare tutti gli ambiti territoriali e soprattutto le cure di prossimità».
Imparare dal Covid
Non si potrà non fare i conti con l’emergenza sanitaria causata dal Covid-19: «In Romagna, come in qualsiasi territorio colpito in modo importante, abbiamo ricevuto insegnamenti che ci devono portare a migliorare i servizi, a partire dalla capacità di intercettare quanto prima i fenomeni epidemici e quindi lavorare per potenziare i servizi di medicina territoriale, ma anche ad attrezzarci per sviluppare la flessibilità e adattabilità della risposta ospedaliera». E proprio dalla pandemia deriverà uno dei “fronti caldi” su cui l’Ausl Romagna, certo non da sola, sarà chiamata a lavorare: è il fronte del «recupero dell’attività elettiva chirurgica e ambulatoriale, che è rimasta indietro durante l’emergenza. Dovremo lavorare per recuperare l’accumulato, ma anche per evitare che in caso di nuova emergenza debba ancora stopparsi tutto».
Migliorare l’accessibilità
L’orgoglio di poter tornare a lavorare in Romagna - tiene a precisare Carradori prima di parlare delle cose da migliorare - è legato anche alla consapevolezza che «questo è un territorio che ha grandi potenzialità e meriti. Abbiamo però la necessità di migliorare l’accesso. In un territorio così vasto, grande per popolazione come altre regioni d’Italia, è molto importante facilitare l’accessibilità ad ognuno dei luoghi di cura e di assistenza da qualsiasi punto della Romagna emerga il bisogno. Uno da Lugo, per fare un esempio, non deve avere problemi ad accedere a servizi che sono a Cattolica e viceversa; ovviamente se lo desidera, non che sia costretto».
La forza del “noi”
È invece prima di tutto di natura culturale l’altra grande sfida che Carradori intravede all’orizzonte: «Bisogna fare in modo che ogni territorio sia consapevole che la forza non sta nel singolo, sta nel noi. Uno dei lavori da fare è creare e sviluppare le condizioni culturali perché si diffonda questa consapevolezza, perché è come avere una ricchezza in tasca che va messa a buon rendimento. Fin da quando avevo, professionalmente, “i pantaloni corti”, mi colpiva di questi territori l’enorme potenza che possono sprigionare. Si consideri che parliamo di un territorio dove contiamo almeno 7 stabilimenti ospedalieri di particolare rilevanza e qualità, e abbiamo una struttura di ricovero e cura a carattere scientifico come l’Irst di Meldola. Ciascuno deve essere consapevole dell’opportunità di partecipare a un disegno collettivo».
Il nuovo Bufalini
In questo senso va letto anche il progetto del nuovo ospedale di Cesena: «Come ho già avuto occasione di dire, è una grande opportunità e lo è ancora di più alla luce del fatto che nella progettazione potremo beneficiare di quanto abbiamo imparato dall’emergenza Covid. È una grande opportunità per la realtà cesenate ma anche per completare quel processo di qualificazione della rete ospedaliera cominciato anni fa e che con ogni probabilità, con i finanziamenti che il sistema sanitario potrebbe ricevere anche a seguito della pandemia, potrà interessare anche altri ospedali».