“Ancora tanti testimoni da identificare a Cesena”: nuovo appello per noi archiviare il caso di Cristina Golinucci

Cesena
  • 26 aprile 2024

«Un figlio ed una figlia non si possono archiviare. Se c’è qualcuno che ancora si deve liberare la coscienza o vuole raccontarmi delle cose io sono qua: da 32 anni la mia porta è aperta».

Sono scaduti da più di un mese termini di proroga delle nuove indagini sulla scomparsa di Cristina Golinucci. Due sere fa Marisa Degli Angeli, la madre della ragazza scomparsa il 1° settembre del 1992, è tornata a “Chi l’ha Visto?”. Per ribadire con forza che il caso di sua figlia non deve essere archiviato; e che si debba indagare ancora sia sulla figura di Emanuel Boke che sul “predatore sessuale”, cesenate ultra 60enne, emerso nell’indagine ultima perché vicino agli ambienti cattolici frequentati sia da Cristina Golinucci che a quelli dell’associazionismo legati alla figura di Chiara Bolognesi: altra giovane cesenate scomparsa nell’ottobre del 1992 e ritrovata morta nelle acque del Savio ad un mese di distanza dalla sparizione.

Mamma Marisa è in collegamento, affiancata dall’inviata Chiara Cazzaniga, all’interno della sua casa di Ronta. Appare più stanca di tante altre volte anche perché nel weekend appena trascorso ha partecipato alle manifestazioni in Emilia a sostegno di mamma Roberta: nella simile battaglia che porta avanti perché non venga archiviato il caso di suo figlio, Alessandro Venturelli, comparso a sua volta nel nulla da qualche anno.

“Chi l’ha visto?” mostra immagini d’epoca. In cui Marisa Degli Angeli lancia i primi appelli alla trasmissione. Ricostruendo con l’auto di Cristina guidata dalla sorella il percorso fatto dalla ragazza prima di sparire: «Anche riguardando queste immagini ci sono cose inaccettabili - spiega - Mia figlia... 21 anni... Allontanamento volontario... E nessuno ha mai pensato di controllare la sua auto. L’hanno lasciata 15 giorni posteggiata al convento pensando che Cristina potesse tornare a prenderla. Poi ce l’hanno ridata. Ed è, stata sempre a nostra disposizione, senza controllo alcuno. Ripensando a quante cose non sono state fatte mi monta la rabbia. Sono vicina a Roberta e le auguro che non le accada come me che in 32 anni ho visto 9 volte aprirsi e 9 volte chiudersi il caso di Cristina».

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Quest’ultima indagine ha segnato particolarmente mamma Marisa: «Perché dalle carte riesumate dall’avvocato Iannuccelli e ristudiate da lei ed anche dall’avvocato Nicodemo Gentile appare chiaro come io credessi di essere tutelata ed invece non lo sono stata. Amici, persone di Cesena, istituzioni... Sono tante le cose che non sono state fatte e tante le cose che non sono state dette subito. Attraverso gli atti ho scoperto che qui a Cesena oltre ad Emanuel Boke c’era anche un altro predatore sessuale. E che chi ne ha nascosto le azioni tra il 1992 ed il 1995».

La persona in questione entra a far parte delle investigazioni solo nel 2010 quando una donna entra a casa di mamma Marisa ipotizzando che sua figlia e Cristina fossero state molestate da questa persona. Ma è solo in quest’ultima inchiesta che il numero di donne molestate da quest’uomo (mai denunciato da nessuna e mai indagato) sale a cinque. «Sto impazzendo per queste cose - spiega Marisa - So che frequentava gli ambienti di Cristina, non so se le abbia fatto del male ma di certo se è una persona malata come un predatore sessuale lo è, va curato. E chi invece di farlo curare chiamandolo alle sue responsabilità lo ha semplicemente coperto, ha sbagliato».

Si tratta di una persona vicina agli ambienti ecclesiastici ed in particolare di Azione Cattolica: «Io da sempre non ce l’ho con la Chiesa: sono credente. Ma ce l’ho su con le persone anche se di chiesa, che hanno contribuito a coprire questa persona. Ce ne sono ed hanno sbagliato a farlo. Di certo chiunque voglia parlare con me di questi fatti mi trova qui a casa. La mia porta è sempre aperta e le mie orecchie sempre a disposizione».

L’appello è anche a che si faccia avanti una donna in particolare. «In questa inchiesta è emerso come a ridosso del convento ci fossero due donne. Una delle quali ha raccontato alla sua parrucchiera la confidenza ricevuta dall’altra. Quel martedì 1 settembre 1992 stava aspettando la figlia a ridosso del convento. Ed ha visto una giovane ragazza parlare con un uomo più maturo, con la chierica come un frate ma vestito “in borghese” e quindi probabilmente non un frate. Lui cercava di consolarla ed aveva un atteggiamento non da parente anche se la differenza d’età era tal che poteva “essere suo padre”. Questa donna deve poter raccontare cosa ha visto anche a distanza di tanti anni. Non si sa chi sia e va cercata; oppure se sente questo appello si faccia avanti, perché il suo aiuto può essere prezioso per le indagini. Noi non abbiamo nemmeno saputo in tutto questi tempo quante persone esattamente venissero ospitate al convento dei frati cappuccini nel settembre 1992. E non sappiamo neppure chi fosse a ridosso del parcheggio il giorno che Cristina è scomparsa: portando con sé le chiavi della vettura e la sua borsa, con all’interno la sua agenda rossa dalla quale non si separava mai».

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