Alluvione in Romagna un anno dopo: Thomas per 4 giorni sui monti col quad: «Così ho portato cibo e medicine nei borghi isolati»

La passione per i quad lo ha catapultato nel pieno dell’emergenza alluvionale. E da allora l’attività (personale) è diventata di gruppo: trasformandosi in qualcosa di emeregenziale e diventa qualcosa di strutturato, per fare del bene anche al di fuori dell’alluvione.

«I ricordi che ho di quei giorni sono di un territorio devastato e di tante persone spaventate». Thomas Boschi, cesenate ed appassionati di quad, fin dalle prime ore dopo l’alluvione che ha devastato la Romagna riusciva, grazie al suo mezzo, a muoversi in luoghi che non tutti potevano a raggiungere. Tra acqua che scorreva, fango e frane, si è trovato immerso in una maxi emergenza difficile di dimenticare.

«Nelle primissime ore dall’esondazione del Savio - racconta - andavo in giro col quad sotto una pioggia che era ancora battente. E mi sono spinto anche lontano da Cesena: l’area Ippodromo non era percorribile e comunque anche con l’ausilio di canotti e piccole imbarcazioni era già piena di persone che si stavano dando da fare. Io i ricordi più vividi del territorio colpito li ho ancora negli occhi e riguardano principalmente la zona di Modigliana e quella di Montecastello».

In montagna quasi nessuno

Cumuli di fango, acqua che corre, frane che tagliano le strade: «In giro non c’era quasi nessuno nelle montagne, e io sfruttavo i sentieri anti incendio insieme ai vigili del fuoco. Ma in alcuni tratti anche quelli erano impraticabili malgrado io mi muovessi con un quattro ruote capace di scalare ed arrampicarsi un po’ ovunque. C’erano tante case che parevano tagliate fuori da ogni collegamento. La gente che ho incontrato era asserragliata all’interno. Stavano tutti bene ma erano scossi...Parecchio...E spaventati. Sia a Modigliana che a Montecastello ed nel tratto tra Borello e Mercato Saraceno i più anziani mi hanno detto tutti da subito che una cosa così non la si vedeva da oltre 80 anni...».

E sono emerse immediatamente le necessità: «I primi 4 giorni di alluvione li ho passati a fare di continuo avanti e indietro per portare generi alimentari e medicine a chi ne aveva bisogno e, nel caso delle persone più anziane, anche per assicurarmi che prendessero correttamente i medicinali che avevano chiesto ed ottenuto. Un’altra zona che era parecchio segnata in quelle ore, e piena di persone rimaste isolate, era quella attorno a Santa Sofia. In generale quasi sempre sotto la pioggia, nei primi 4 giorni non c’è stato mai un attimo di sosta per il motore del mio quad».

Gli amici con il quad

Una situazione e un’attività di soccorso che è andata allargandosi a macchia d’olio e nel tempo ha coinvolto tante persone: «Il gruppo di amici “Quaddisti estremi” che condivide la passione del quad con me si è ben presto allargato. E quando la maxi emergenza è finita ci siamo organizzati per poter fare degli eventi pubblici, in cui facciamo provare i quad ai bambini o diamo l’opportunità a tutti di conoscere e provare questi mezzi. Le prime volte il ricavato è sempre andato alle necessità degli alluvionati più pesantemente colpiti. Ma a distanza di un anno stiamo fondando una vera e propria associazione, di cui sono presidente. E il panorama degli aiuti che distribuiamo si sta allargando dall’alluvione alle necessità legate alle persone disabili, soprattutto ai più giovani».

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