A Cesena arrivano le reliquie dei primi coniugi dichiarati santi

La parrocchia San Giovanni Battista, all’interno della cattedrale, sarà teatro dell’accoglienza delle reliquie dei santi coniugi Luigi e Zelia Martin: i genitori di Santa Teresa di Lisieux. L’arrivo delle reliquie e la loro permanenza in città sono fissate dal 2 all’11 settembre. Ne ha dato notizia in queste ore il settimanale diocesano Corriere Cesenate.
L’accoglienza delle reliquie martedì 2 settembre è prevista per le 17:30 in duomo, mentre alle 18 sarà celebrata la Messa.
Dal 3 al 10 settembre le reliquie saranno ospitate presso la famiglia Giovannini - Batani in piazza Guidazzi, 10. Ogni giorno alle 18:30 sarà possibile per chi vorrà partecipare a un momento di preghiera comunitaria, anche tramite collegamento online. Giovedì 11 settembre alle 18 sarà celebrata la Messa prima della partenza delle reliquie dalla chiesa cattedrale.
«Questa preziosa occasione non è soltanto un momento di venerazione - ha sottolineato il parroco don Giordano Amati - ma anche un invito a conoscere più da vicino la vita dei coniugi Martin, primi genitori proclamati santi insieme nella storia della Chiesa. In particolare, tutte le famiglie sono invitate a partecipare per riscoprire, attraverso la loro testimonianza, la bellezza della vocazione matrimoniale come via di santità».
Luigi e Zelia sono stati dichiarati Venerabili durante l’Anno Internazionale della Famiglia (1994), sono stati beatificati nel 2008 e canonizzati nel 2015: come giorno della loro ricorrenza liturgica è stato scelto il 12 luglio, anniversario del loro matrimonio.
Luigi aveva 35 anni, Zelia ne aveva 27: ambedue così spiritualmente maturi che bastarono loro appena tre mesi per conoscersi e prendere la decisione di sposarsi. Celebrarono le nozze alla mezzanotte del 13 luglio 1858. All’inizio avevano quasi pensato a conciliare assieme la vocazione al matrimonio e la loro antica passione ad “appartenere soltanto a Dio”, vivendo assieme come veri sposi, ma verginalmente. Poi il loro confessore li aiutò a capire che avere dei figli e spendersi interamente per la loro santità, era la maniera più normale di unire assieme le due vocazioni.
Ebbero così nove figli, dei quali sopravvissero soltanto cinque. Erano tempi in cui la mortalità infantile era ancora altissima, bastava un’infezione intestinale o una bronchite a provocare la tragedia e i rimedi a disposizione erano soprattutto empirici. Due maschietti e una femminuccia morirono entro il primo anno di vita. Un’altra femminuccia, Maria Elena, la più amata, morì a cinque anni. Sopravvissero cinque bambine. Certo Luigi e Zelia sapevano che i figli appartengono soltanto a Dio, ma lo reimpararono accettando quel duro alternarsi di nascite e di morti, di malattie e guarigioni, di ricadute e riprese, ch’era allora il destino dell’infanzia. Sapevano che il loro compito era quello di «allevare figli per il Cielo»: questo significava anzitutto una lunga, paziente e gioiosa attività per farli crescere, educandoli nella fede; per un destino eterno e felice.