Il generale sampierano della Nato: "La guerra in Ucraina? Nasce dalla caccia ai giacimenti"

Cesena

Il generale sampierano Enzo Montalti adesso è consigliere comunale d’opposizione con la lista di centrosinistra “Insieme per il futuro”. Ha pochi dubbi sulle reali ragioni del conflitto in Ucraina.

«Per capire le reali motivazioni e obiettivi di un conflitto occorre guardare gli interessi economici in gioco. Nel caso specifico la Russia si sta concentrando in zone straordinariamente ricche di risorse naturali. Il controllo di queste risorse oltre ai ritorni economici consente anche di esercitare un certo condizionamento su quanti necessitano di esse. La Russia, dopo un inizio delle ostilità ad ampio raggio con il chiaro scopo di ottenere in pochi giorni il controllo militare e politico dell’Ucraina, si sta ora concentrando nel Donbass, dove si trovano le maggiori risorse naturali del paese. L’Ucraina ha grandi giacimenti di gas in Crimea e nel prospiciente mar Nero, sotto controllo russo, e di carbone, ferro, uranio, petrolio e altri minerali rari nel Donbass. È inoltre attraversata da un metanodotto che porta gas russo in Europa per il quale la Russia versa nelle casse del paese circa 1/1,5 miliardi di euro annui, e se la Russia controlla il paese può ridurre questo costo - commenta Montalti -. Non è poi da trascurare il fatto che recentemente è stato scoperto in Ucraina un giacimento stimato in circa 500.0000 tonnellate di ossido di litio, elemento abbastanza raro e indispensabile per le batterie necessarie per la transizione elettrica dei mezzi di locomozione, obiettivo strategico dei paesi occidentali».

Per Montalti quindi la motivazione dell’interesse economico e del controllo delle risorse energetiche è prevalente su quella della futura appartenenza alla Nato. «Lì si è avviata quella che viene definita “guerra ibrida”, con civili russi che civili non sono che si insediano in alcune zone e creano situazioni per giustificare interventi della madre patria. Si tenga presente che il patto di Varsavia prevedeva l’intervento della Russia nei paesi dove vi era una presenza di cittadini russi». Per Montalti dunque la motivazione di una guerra scatenata per l’intenzione ucraina di aderire alla Nato non appare quella scatenante: «L’avvicinamento dell’Ucraina all’Occidente comincia negli anni ’90, con accordi con l’Unione Europea per cooperazioni in vari settori. Nel 2008 l’Ucraina ha avanzato domanda di adesione alla Nato, dando avvio a un lunghissimo percorso di riforme e adeguamenti richiesti sul piano normativo e militare, settore nel quale sono iniziate anche delle collaborazioni. Nel 2018 l’Ucraina è stata iscritta nel registro dei possibili partner della Nato, rendendo necessarie per l’adesione formale ulteriori riforme e un’intensa attività diplomatica verso tutte le nazioni aderenti al patto per la loro approvazione al suo ingresso nell’alleanza. Nel 2019 l’Ucraina ha inserito nella costituzione l’obiettivo strategico dell’ingresso nella Nato. Quindi il lungo processo di adesione all’alleanza era tutt’altro che terminato. Inoltre sono entrate a far parte dell’alleanza molte nazioni dell’ex patto di Varsavia e nazioni confinanti con la Russia senza che ciò abbia creato problemi. In aggiunta, se l’appartenenza alla Nato fosse la vera ragione del conflitto le recenti dichiarazioni del presidente ucraino di rinuncia a tale obiettivo, con la rimozione dalla costituzione e l’accettazione dello stato di neutralità, avrebbero dovuto essere validi elementi per un cessate il fuoco e l’avvio di trattative. Così si è smascherato il vero motivo dell’occupazione russa, che non è “ideologico”».

Continua Montalti: «Comunque nel percorso di avvicinamento alla Nato l’Ucraina ha ricevuto supporti e aiuti nel campo militare, con un radicale cambiamento delle dottrine e tattiche e adeguamenti tecnologici». Ma la capacità di resistenza dell’Ucraina all’esercito russo «non è tutta qui. La disponibilità di mezzi di cui dispone l’Ucraina non è paragonabile con quella della Russia. I russi pensavano a un successo immediato, a una caduta del presidente Zelensky e a un atteggiamento più benevolo da parte di fasce della popolazione. Ma la popolazione ucraina guarda a occidente. Inoltre l’organizzazione militare ucraina, simile a quella Nato, si è dimostrata nettamente superiore a quella russa».

Il generale prova a giudicare i limiti dell’azione dell’Occidente nei confronti della Russia. «Senz’altro un errore dell’Europa e dell’Italia in particolare è stato quello di legarsi troppo al gas russo. Come Occidente forse abbiamo mostrato scarsa reazione dopo l’annessione della Crimea alla Russia, e Putin si è convinto di una sorta di mollezza dell’Occidente». Dal punto di vista dell’applicazione delle strategie militari, l’Europa avrebbe avuto dei limiti: «I singoli paesi europei sono un po’ carenti nelle risorse dedicate allo strumento militare necessario per dare effettiva consistenza alla dottrina della deterrenza. Anche le vicende attuali mi fanno pensare che avessero ragione i romani col loro motto secondo cui se si vuole la pace bisogna essere pronti alla guerra».

Sulla futura evoluzione della guerra e della situazione nell’area Montalti non è molto ottimista. Ad oggi per il generale non è prevedibile né la durata né l’esito del conflitto. «Se sarà una pace con rinunce territoriali consistenti a favore della Russia sarà una pace effimera - teme Montalti -, con il proseguimento di un conflitto più o meno sotterraneo».

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