Cesena, varianti Covid, reinfezioni, vaccini: Sambri fa il punto

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Il momento peggiore dell’ondata Covid di gennaio può essere ormai considerato superato, ma bisogna prepararsi a un probabile arrivo di nuove varianti. Al tempo, stesso non devono stupire nuovi contagi, anche a distanza ravvicinata, di persone che si erano già ammalate ed erano guarite. E per quel che riguarda i vaccini, deve essere chiaro che chi non ha quella protezione corre rischi gravi come quelli che c’erano all’inizio della pandemia. Sono le pillole che Vittorio Sambri, direttore dell’Unità operativa Microbiologia del Laboratorio unico di Pievesestina dell’Ausl Romagna, ha dispensato ieri durante una breve intervista al Tg3 regionale.

La situazione e le varianti

Sull’andamento della pandemia è stato rassicurante: «Prevedibilmente stiamo tornando verso la normalità, perché i numeri che vediamo tutti i giorni sono numeri che migliorano». Per quel che riguarda il rebus delle varianti, ha sottolineato che «dalle attività di sequenziamento notiamo che Omicron sarà prevalente, come lo è stata Delta fino a tre mesi prima di dicembre. Ma che non muti è abbastanza improbabile: è logico aspettarsi che qualcosa si muova, ma non è detto che sarà peggiorativo». Ad alimentare la possibilità di nuove varianti - ha aggiunto Sambri - è anche il fatto che «dietro le porte di casa, in Africa, abbiamo un enorme massa di persone non ancora vaccinate, tra le quali il virus circola con grande facilità».

Vaccini salvifici e reinfezioni

L’analisi si è poi spostata sul fattore della vaccinazione, su cui la valutazione del luminare è stata estremamente chiara: «La vaccinazione protegge dalla malattia grave e dal decesso, mentre il rischio per i non vaccinati, al di là delle nuove varianti, è esattamente lo stesso del marzo 2020. Non è cambiato assolutamente nulla, resta un rischio alto». Questa realtà non deve essere scalfita dal fatto che ci sono casi di persone che si contagiano più di una volta: «Abbiamo esaminato alcuni casi di persone reinfettate, anche a sole tre settimane dalla guarigione. Si tratta di situazioni in cui a un’infezione pregressa Delta è seguita una variante Omicron che ha infettato di nuovo il paziente, prima dei 90 giorni canonici che tutti noi consideravamo il periodo di sicurezza». L’interpretazione di Sambri è semplice: «Omicron è abbastanza diversa da Delta ed è abbastanza comprensibile che possa accadere questo: la spiegazione è tutta lì».

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