Cesena, una marea di giovani a spalare fango per le strade – Gallery

«Ho perso tutto e non sono nemmeno l’unico, tantissimi sono nella mia stessa situazione». Quando racconta come l’acqua ha distrutto a sua casa e tutto quello che aveva Giorgio Casadei, uno dei volti storici dell’associazione consumatori Adoc, lo fa con una rassegnazione dolorosa. «Ormai non piango più» dice. Abita in via Farini, una di quelle più a ridosso del Savio. Quando martedì si sono rotti gli argini la sua casa, nel piano seminterrato di una abitazione che condivide con il figlio Pasquale che invece abita al piano superiore, l’acqua è arrivata «a quattro dita dal soffitto», racconta Pasquale indicando i segni ancora visibili sul muro. «Per qualcuno l’inondazione ha significato perdere tutto quello che si aveva in cantina o in tavernetta, per altri come me ha significato perdere tutto. Quelle che stiamo buttando sono tutte cose della vita quotidiana, che usavo». Quando l’acqua è entrata si è rifugiato ai piani superiori con il figlio e la sua famiglia ed è qui che hanno aspettato che il calasse, «eravamo al sicuro, avevamo cibo per qualche giorno quindi abbiamo scelto di rimanere». Appena è stato possibile si sono messi al lavoro per aspirare l’acqua e hanno sbloccato i chiusini perché tornassero a prendere acqua. Da ieri mattina una squadra di volontari era al lavoro per togliere il fango e portare fuori mobili e oggetti ormai diventati rifiuti da far smaltire. «Sono gli amici dei miei nipoti Enrico, Laura e Domenico», sono giovanissimi e ieri erano solo un gruppetto dei tanti che si potevano incontrare nel reticolo di vie intorno a via Farini, come via ex Tiro a Segno, via Malta, via Tunisi, sono alcune delle vie più colpite, qui fuori da ogni civico c’era un cumulo più o meno alto di oggetti infangati in attesa di essere smaltiti .

In tutte convivevano il senso di dramma di chi stava mettendo alla porta come rifiuto ingombrante una vita, come è successo alla Casa Editrice Ponte Vecchio, dove l’acqua ha fatto strage di libri e anni di lavoro, a quello di solidarietà di chi armato di pala, guanti e stivali stava lavorando per aiutare un amico, un conoscente, ma spesso anche uno sconosciuto che semplicemente aveva bisogno. Sono il simbolo di una comunità che si è mobilitata, portando ciascuno il proprio contributo. I fratelli Bagnoli ad esempio, titolari della ditta Elettro Service con un loro dipendente, passavano di casa in casa a offrire aiuto e riparazioni a chi aveva bisogno, «da volontari – sottolinea un residente – anzi se provavi a offrirgli qualcosa quasi si offendevano».

Davanti alla chiesa di San Rocco invece c’era il punto di distribuzione per cibo, bevande, acqua. È qui che arrivavano i pasti caldi. Un po’ la pasta cucinata da una vicina, un po’ i pasti preparati dai ristoranti che hanno dato la propria disponibilità attraverso il numero del Comune.

Scene non molto diverse da quelle che si vedevano ad esempio su via Roversano, altra via tra le più colpite. Arrivando si sentiva incessante il rumore delle pale che grattavano i pavimenti per spostare la melma e lo sciabordio dell’acqua quella che in alcuni tratti della via doveva ancora defluire del tutto e quella usata per lavare il fango dalle case.

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