Cesena, richiedenti protezione internazionale tornano ad iscriversi al registro residenti

Cesena

CESENA. I richiedenti protezione internazionale potranno tornare ad iscriversi al registro della popolazione residente del Comune di Cesena. Usa lo strumento della delibera di Giunta il sindaco Enzo Lattuca, per dare seguito a quanto aveva già anticipato a novembre, prendendosi l'impegno di studiare la forma giuridica più appropriata per accettare le domande di iscrizioni all'anagrafe senza dover passare dal Tar.

I dinieghi e i ricorsi

Un ritorno al passato che rappresenta la risposta di buon senso ad un orientamento giuridico ormai consolidato e che ha visto il Tribunale di Bologna accogliere il ricorso di sei richiedenti asilo, i quali si erano visti negare la richiesta di iscrizione nei registri anagrafici dal Comune di Cesena secondo quanto stabilito dal Decreto Sicurezza, entrato in vigore nell’ottobre 2018. Stando infatti al Decreto, il permesso per richiesta di asilo e/o protezione sussidiaria non costituisce titolo per l’iscrizione anagrafica. Sulla base della normativa introdotta, lo Sportello Facile e i Servizi demografici del Comune di Cesena avevano rigettato le domande di iscrizione anagrafica presentate da sette richiedenti stranieri. Di questi, in sei hanno fatto ricorso al Tribunale di Bologna ottenendo un esito positivo e dunque l’immediata iscrizione anagrafica.

Una presa d'atto

La delibera di Giunta, rappresenta una risposta significativa per tutti gli altri casi di domande di eguale natura che si trovano in giacenza negli uffici comunali.
«Con la delibera approvata oggi - commenta il sindaco Enzo Lattuca - prendiamo atto che il Tribunale di Bologna ha più volte interpretato la norma del decreto Salvini concedendo la possibilità ai richiedenti asilo di iscriversi all’anagrafe. Dal momento che la direzione intrapresa dal Tribunale è questa, riteniamo sia corretto rispettarla abbattendo in questo modo i costi economici a carico del Comune per quanto riguarda gli aspetti gestionali-amministrativi, i costi nel costituirsi in giudizio oltre alle possibile richieste di risarcimento del danno che in futuro si potranno verificare mentre l’accoglimento delle domande, in adesione ai principi giurisprudenziali eviterebbero un inutile contenzioso, in attesa che la Corte Costituzionale si pronunci definitivamente sulla norma richiamata».

La legittimità

A sollevare la questione di legittimità costituzionale della norma in questione è stato il Tribunale di Ancona proprio perché le disposizioni del Decreto Sicurezza appaiono non coerenti con l’ordinamento giuridico italiano e con gli stessi principi costituzionali.

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