Cesena, prima boccata d'ossigeno per la Trevi

CESENA. Prima iniezione ricostituente da quasi 36 milioni di euro nel corpo di Trevi, indebolito dai debiti. Nella complesso operazione di rafforzamento patrimoniale della società “Trevifin”, attraverso un aumento di capitale, i due soci istituzionali, i colossi Fsi Investimenti Spa e Polaris Capital Management, hanno fatto il primo passo fondamentale. Avevano preso l’impegno di esercitare tutti i diritti di opzione ad essi spettanti nell’ambito dell’offerta in opzione di 13.000.118.907 azioni ordinarie, e così è stato. Il controvalore in denaro è stato pari a 35,8 milioni, come era stato previsto nell’accordo di investimento sottoscritto lo scorso 5 agosto.
La prossima fase
È andato insomma tutto secondo copione, anche se potrebbe ancora servire la potenza di fuoco dei due colossi, che per salvarla dal naufragio hanno preso il timone della Trevi al posto della famiglia Trevisani che la fondò nel 1957. Fsi e Polaris hanno infatti preso impegni formali fino a una somma complessiva di 77,5 milioni di euro, così da assicurare che vengano sottoscritte fino a quell’importo le azioni Trevifin in offerta, nel caso in cui non fossero tutte piazzate in Borsa.
La ricapitalizzazione in corso prevede infatti che i diritti di opzione che danno diritto alla sottoscrizione delle azioni fossero esercitati dal 4 e fino a dopo domani incluso. Dopodiché quelli non esercitati saranno offerti in Borsa entro il mese successivo alla fine del periodo di offerta, per almeno cinque giorni di mercato aperto.
Piano di salvataggio articolato
Il potenziamento patrimoniale programmato sotto forma di ricapitalizzazione fino a 213 milioni di euro totali è solo un tassello di un mosaico di azioni per fare uscire dal tunnel il gruppo Trevi. Altre mosse messe in campo sono la ristrutturazione di buona parte del debito (che a fine 2019 ammontava a 822 milioni di euro); finanziamenti bancari per 23 milioni (circa metà di questa somma è già stata erogata); altre linee di credito a breve termine per 255 milioni; la dismissione della Divisione Oil&gas per 116 milioni (che è già stata perfezionata).
Sfida anche industriale
Una volta chiuse le falle finanziarie che senza questa cura da cavallo avrebbero fatto affondare la barca, bisognerà poi trovare una rotta convincente da un punto di vista industriale. Ma forse questo aspetto si prospetta meno problematico, perché Trevi, anche nei momenti peggiori, ha sempre mantenuto quel know-how e quelle professionalità lavorative che l’hanno resa leader a livello mondiale nell’ingegneria del sottosuolo, dalle fondazioni speciali allo scavo di gallerie fino a consolidamenti del terreno, e nella realizzazione e commercializzazione di macchinari e attrezzature specialistiche del
settore. Il comparto delle perforazioni per estrarre petrolio, gas o altre risorse dal sottosuolo fa invece definitivamente parte del passato, perché è stato venduto, come detto, al gigante indiano Meil.

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui