Cesena, "porzioni scarse all'ospedale". La replica del Bufalini

Cesena

«I pasti per chi è ricoverato al Bufalini sono un po’ scarsi come quantitativo. I pazienti spesso si fanno portare il cibo da casa».

Una protesta, garbata ma decisa, che arriva da un cesenate 55enne. Per motivi di salute è spesso “ospite” al Bufalini e, confrontandosi con il personale ed i pazienti di altri reparti, ha deciso di rendere pubbliche le sue lamentele sia scrivendo all’ufficio relazioni con il pubblico dell’ospedale che documentando il tutto con fotografie per far capire la realtà quotidiana dei ricoverati.

«Soffro di una malattia cronica - spiega - che mi porta a dover trascorrere dei periodi di ospedalizzazione in Chirurgia-urologia. Il tutto avviene a cadenza quasi trimestrale e nel tempo mi sono accorto di cambiamenti nel servizio di rifornimento del cibo».

«Non sto parlando di gusto del cibo - spiega -. L’alimentazione in ospedale è qualcosa di giustamente molto sano e in quanto tale facilmente può essere meno gustosa di quella che ognuno si vede servire a casa sua. Ma io parlo proprio di quantitativo di cibo. All’inizio credevo potesse essere qualcosa riguardante la mia dieta specifica. Ma io faccio dieta libera e quindi mi sono raffrontato nel tempo con il personale al lavoro nel mio ed in altri reparti così come con altri pazienti ricoverati anche non nel mio reparto solito. Il risultato è sempre lo stesso: le porzioni sono definite scarse».

Pasti ed ospedale

La segnalazione dell’Urp ancora non è arrivata sul tavolo di Agnese Campana, che per il Bufalini è la referente per la ristorazione. La base di partenza nello spiegare quanto lavoro ed impegno ci sia dietro al vassoio che con nome e cognome arriva sul tavolo del pazienti, è comunque di dispiacere per quanto riferito dal paziente cesenate. «Io mi occupo quotidianamente di sorvegliare il servizio di ristorazione del Bufalini - spiega Agnese Campana - il che significa un monitoraggio su una media, attuale, di circa 300 pasti (colazioni escluse) da consegnare nei reparti due volte al giorno. Per noi la ristorazione è un vero e proprio atto terapeutico. Le segnalazioni come questa ci stanno a cuore per capire se e dove ci siano dei problemi, al di là della percezione personale che ognuno può avere per le abitudini alimentari che ha a casa. I pazienti si curano con i medicinali, con gli interventi ma anche con il cibo. Per questo abbiamo in serbo 104 regimi alimentari diversi da adattare ai differenti quadri patologici che l’ospedale può avere in carico. Viene tenuto in considerazione tutto: dalle intolleranze, alle allergie, fino ai cibi che magari un paziente in un certo momento della sua vita non può mangiare per non peggiorare il suo quadro clinico. Facciamo controlli periodici in cucina anche a sorpresa. Che arrivano fino al monitoraggio delle grammature per capire quanti elementi nutritivi vengono serviti al paziente e se siano quelli giusti per lui e la sua dieta. Il tutto servendo anche i presidi periferici come Cesenatico e Savignano. Con operatori che ogni giorno girano per i reparti e chiedono in anticipo al paziente di prenotare il pasto del giorno dopo, in maniera che possa nelle scelte del giorno trovare quanto di suo maggior gusto. Quando riceviamo segnalazioni del genere dall’Urp siamo i primi ad avere piacere che tutto vada per il verso migliore. Quando ci dicono ad esempio che una cosa piuttosto che un’altra non sembra della qualità adatta andiamo a verificare anche gli stoccaggi di materiale che servono per cucinare le pietanze. Il tutto perché un pasto possa continuare sempre ad essere anche un atto di cura, personalizzato per ogni paziente con il suo nome e cognome ben impresso nell’etichetta del vassoio».

Un sistema di controllo di alto livello. Che adesso dovrà verificare anche la fondatezza o meno delle osservazioni del paziente.

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