Cesena, omicidio al parco delle Vigne: la moglie dell’ergastolano a processo per falsa testimonianza

Omicidio al parco delle Vigne. Dopo la condanna all’ergastolo di Giuseppe Di Giacomo, per avere ucciso a coltellate Davide Calbucci, ora a finire nei guai, imputata per falsa testimonianza, c’è anche la moglie dell’assassino: Graziella “Laura” Golinucci. Per valutare la sua posizione, a sentenza la Corte d’Assise aveva disposto l’invio degli atti alla Procura.
Nell’aula del Gip Massimo De Paoli ora la donna ha testimoniato in udienza preliminare su quanto aveva dichiarato durante il processo; e dovrà essere giudicata se quanto ha detto fosse falso. Difesa da Antonino Lanza, un avvocato che aveva già acquisito conoscenze delle dinamiche delittuose in quanto è stato il primo difensore d’ufficio dell’omicida.
Il processo che verrà è legato a dichiarazioni che Laura Golinucci aveva fatto, perché contraddicono ciò che ha dichiarato lo stesso Di Giacomo a proposito della causa scatenante del crimine di cui si è macchiato il 19 dicembre 2020.
Da quanto emerso davanti alla Corte presieduta da Monica Galassi e poi riportato anche nelle motivazioni della sentenza, l’aggressione sarebbe stata pianificata dal 62enne Di Giacomo, dopo che la sua compagna gli aveva riferito un episodio avvenuto la sera prima dell’omicidio.
Incrociando sulle scale del condominio la figlia di quello che sarebbe poi diventato il suo carnefice, Calbucci l’avrebbe messa in guardia: perché a suo dire quell’uomo era un molestatore. «Davide – ha raccontato durante il processo la sua consorte Iwona Bednarz – aveva fermato la figlia della compagna di Di Giacomo per le scale. Le aveva detto di stare attenta, perché lei e sua madre non capivano che mostro avessero in casa. Un uomo pericoloso che aveva da poco molestato un’altra donna al parco». Di quella conversazione l’omicida era venuto a sapere (per le accuse) appunto dalla compagna. Lo ha dichiarato lui stesso rispondendo a una precisa domanda in proposito che gli venne rivolta davanti ai giudici. La sua convivente ha invece negato di avere parlato con lui di quanto la figlia le aveva riferito. Un particolare non irrilevante, perché secondo i magistrati quel fatto potrebbe avrebbe innescato i propositi di “vendetta” dell’uomo, infuriatosi per quello che Calbucci aveva accennato sul suo conto.
Graziella Golinucci, ascoltata davanti al Gip in udienza preliminare, ha ribadito di non aver mai detto di quel dialogo a Di Giacomo. Ha spiegato di avergliene sì parlato, ma quando già era in carcere dopo essersi consegnato in seguito all’omicidio. Facendo ricondurre le dichiarazioni in aula di Di Giacomo ad una probabile confusione fatta da lui sui tempi in cui aveva appreso quelle cose.
A processo, contro la donna, quasi certamente finiranno anche i messaggi che lei aveva inviato ai responsabili di Acer della palazzina in cui vivevano sia vittima che carnefice. Dove il giorno prima del delitto diceva di “temere che potesse accadere qualcosa di brutto” salvo poi riscrivere che la situazione si era appianata. Una potenziale falsa testimonianza che per la procura è di un valore non trascurabile: perché chiave della premeditazione del delitto commesso poi da Di Giacomo. In aula davanti al Gip si sono costituite parti civili (difese dall’avvocato Alessandro Sintucci) madre e figlia dell’assassinato. Chiedono 40 mila euro per i danni morali patiti nella falsa testimonianza che è al centro dell’accusa.

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