Cesena, Olimpiadi galeotte: un amore lungo 63 anni nel segno dello sport

Antonella si alza in piedi per rispondere alle domande di Giorgio Martino, che regge il microfono. C’è Gianni seduto davanti e lei e Antonella mentre parla tiene sempre le mani appoggiate alle sue spalle, come per dire: «Sono qui». Ecco, Antonella dice: «Sono qui» da 63 anni. Non è stata una conviviale, è stata una canzone di Gino Paoli. Quella di martedì sera al Panathlon è stato il racconto di una lunga storia d’amore diventata un libro e che si rinnova ancora. Il libro lo ha scritto Giorgio Martino e si intitola “Un oro per la vita” dedicato a Gianni Lonzi e Antonella Ragno, un caso unico nello sport italiano. Una famiglia con due medaglie d’oro olimpiche, una cifra che sale a tre se si comprende anche Saverio Ragno, padre di Antonella, oro nella spada a squadre alle Olimpiadi di Berlino 1936.

Il fiorentino Gianni e la veneziana Antonella si conoscono al villaggio olimpico di Roma 1960: lui è un punto di forza della pallanuoto che vincerà l’oro alle Olimpiadi di casa, lei un astro nascente del fioretto che stupirà il mondo conquistando il bronzo. «Il nostro incontro – ricorda Antonella – è nato alla fine delle Olimpiadi di Roma, quando abbiamo portato la bandiera olimpica allo stadio. Ci presentammo e Gianni fu molto gentile. Poi più nulla, ci siamo ritrovati alla partenza per Tokyo 1964. E lui: “Ti ricordi di me?” e mi portava in giro in bici per il villaggio olimpico, nonostante il suo allenatore si arrabbiasse… poi ci siamo rivisti a un pre-olimpico a Città del Messico. Era il 1967 e dopo 7 anni, finalmente avevamo capito che forse eravamo fatti l’uno per l’altra».

Colpo di fulmine

«Un colpo di fulmine? Beh, io sono ancora fulminato…» . Gianni Lonzi riapre il libro dei ricordi e parte: «Antonella mi ha permesso di stare tutta la vita nello sport e per questo le sarò sempre riconoscente».

Lonzi diventerà ct della Nazionale di pallanuoto, arrivando a vincere il Mondiale del 1978 a Berlino. Nel frattempo, affianca Antonella a cavalcare la sua ossessione: un oro olimpico individuale nella scherma. Una corsa all’oro che arriva al traguardo a Monaco 1972: «Era morto mio padre – riparte Antonella – che era mio allenatore e sostenitore. Nel 1972 avevo già un figlio e Gianni da tecnico della pallanuoto era praticamente diventato un allenatore di scherma: mi metteva a posto i fioretti, era sempre al mio fianco. Alla fine ce l’ho fatta: è stata una medaglia meravigliosa dedicata a mio padre, ma è stata una medaglia di Gianni».

Medaglia d’oro al valor civile

C’è infine una medaglia di cui Lonzi va particolarmente fiero ed è la medaglia d’oro al valore civile ricevuta dopo l’alluvione della sua Firenze nel 1966. Lonzi all’epoca aveva 28 anni e quel giorno si tuffò decine di volte nell’Arno, salvando la vita a 49 persone (avete letto bene, quarantanove). «A casa mia in quella notte tremenda c’erano 4 metri d’acqua. La gente urlava sui tetti e in quelle situazioni non pensi, ti butti. L’acqua era il mio elemento e così mi tuffavo, salvavo una persona, mi ributtavo e avanti così per ore…. È stata la medaglia che mi ha gratificato di più. Il piacere di incontrare la gente che ho portato in salvo, rivederla e abbracciarla… beh, non si racconta, come si fa a trovare le parole giuste?». Gli applausi di tutto il Ponte Giorgi gli hanno detto che le parole giuste alla fine le aveva trovate.

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