Cesena, niente iscrizione all'anagrafe: richiedenti asilo in tribunale

CESENA. I migranti richiedenti asilo, in attesa di ottenere una decisione sulla loro domanda di protezione, possono ottenere l’iscrizione anagrafica presso gli uffici del Comune di Cesena? A dirlo sarà il tribunale di Bologna a dirlo, e più precisamente una sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea.
I tre ricorsi dopo il no
La decisione arriverà in questi giorni e tutto è partito da ricorsi presentati da tre richiedenti asilo. Lo scorso 21 maggio avevano fatto istanza di iscrizione all’Ufficio Anagrafe di Palazzo Albornoz. Ma l’ufficiale che era in servizio aveva dichiarato irricevibili le loro richieste. Non ha infatti considerato sufficiente come titolo di soggiorno a corredo della dichiarazione anagrafica il permesso di soggiorno per richiesta asilo che hanno esibito.
In pratica, si è data pedissequamente attuazione al cosiddetto “Decreto sicurezza” dello scorso ottobre, poi convertito in legge. Si tratta del tanto discusso provvedimento voluto con forza dal ministro dell’Intero Matteo Salvini, che ha stretto notevolmente le maglie nel sistema di accoglienza dei profughi. Nel farlo, ha anche spazzato via una prassi consolidata, e cioè l’iscrizione all’Anagrafe dei richiedenti asilo, anche prima di completare con un accoglimento o con un diniego il percorso intrapreso per essere autorizzati a restare sul territorio italiano. È stato infatti aggiunto a un articolo di legge un comma che stabilisce che il permesso di soggiorno per richiesta asilo «non costituisce titolo per l’iscrizione anagrafica».
Grana già esplosa a Palermo
La questione era diventata bollente fin dallo scorso febbraio, quando il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, aveva ugualmente iscritto all’Anagrafe del capoluogo siciliano svariate decine di stranieri richiedenti asilo che erano ancora in attesa di valutazione delle loro domande da parte delle competenti commissioni. Quella scelta era stata fatta dando una differente interpretazione alle normative, e comunque richiamandosi a principi costituzionali (in particolare, all’articolo 3, che impedisce di discriminare specifiche categorie di persone, negando loro diritti fondamentali) e alle Carte internazionali che tutelano i diritti umani.
Caso pilota per i giudici
A Cesena c’è stato un atteggiamento più cauto, seguendo alla lettera le disposizioni del Decreto Sicurezza.
Adesso, a seguito dell’iniziativa presa dai tre migranti che hanno fatto opposizione al provvedimento di rigetto della loro richiesta d’iscrizione all’Anagrafe, la palla passa ai giudici.
Le loro pronunce sulla domanda cautelare presentata per contestare il no detto dal Comune di Cesena saranno decisive non solo per la sorte dei tre ricorrenti, ma per capire come comportarsi in tutti i casi di questo genere.
Precedenti pro migranti
In realtà, ci sono precedenti giudiziari in altre regioni, che hanno chiarito che ci sono altri documenti attraverso i quali il richiedente asilo può provare di essere regolarmente soggiornante, e quindi pretendere l’iscrizione all’Anagrafe. Per esempio, il fatto di aver formulato la domanda, recandosi in Questura, e aver avviato la procedura per il riconoscimento della protezione internazionale tramite la compilazione del cosiddetto “Modello C3”. Questo modello dovrebbe essere sufficiente, senza bisogno di scomodare il colpo di mano fatti col Decreto Salvini per far sì che il permesso di soggiorno per richiesta asilo non venga più avvolto dagli ufficiali dell’Anagrafe per registrare quale residente chi ne è in possesso.
Servizi a rischio
Non potere mostrare un certificato di residenza rischia di avere ripercussioni pesanti sulla vita dei richiedenti asilo in vari ambiti. Ostacola, per esempio, l’accesso a prestazioni erogate dai servizi sociali, mentre per l’assistenza sanitaria c’è un’altra legge, non intaccata dal decreto targato Salvini, che la garantisce a tutti i richiedenti protezione internazionale. Ma anche nel settore privato sorgono difficoltà senza un’iscrizione all’Anagrafe. Per aprire un conto corrente bancario, se ci vuole citare un’altra bega, le banche chiedono la residenza. E anche prendere la patente di guida, un passo essenziale per l’integrazione e per trovare un lavoro, diventa una chimera.

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