Inizia a prendere forma un comitato cittadino contro il mega progetto del metanodotto della Snam che nel contesto del troncone lungo 141 km tra Sestino e Minerbio, del costo di 700 milioni di euro, dovrebbe attraversare anche il territorio cesenate. A frenare è un gruppo di persone che vivono dalle parti di Diegaro e dintorni, proprietarie di abitazioni e terreni coinvolti direttamente o di riflesso nell’arrivo delle tubature interrate che partendo dall’Abruzzo dovrebbero trasportare grosse quantità di gas in arrivo dall’Africa del nord. Lo snodo previsto da queste parti ha l’aria di essere particolarmente strategico, in quanto pare che ci sarebbe anche un collegamento col futuro rigassificatore a Ravenna. Ma diversi residenti sono agguerriti, a causa dei vincoli e della perdita di valore che quell’opera comporterebbe per i loro immobili. Dopo incontri di residenti con i tecnici di Snam e poi con l’assessore Christian Castorri, c’è quindi già stata una prima riunione di un nascituro comitato. Vi ha preso parte anche un rappresentante di Legambiente, che pare decisa a seguire da vicino la vicenda.
Chi contesta il progetto ha almeno una carta da giocare: attorno a Diegaro ci sono zone sotto tutela paesaggistica che verrebbero toccate dal metanodotto, come la collina di Monticino. E la stessa situazione potrebbe esserci nel territorio di Mercato Saraceno, altra area che dovrebbe essere attraversata dal serpentone, o nell’area di Forlì, anch’essa interessata. E anche in quei territori potrebbero nascere comitati o esserci adesioni a quello che ha il proprio cuore a Diegaro.
Intanto, è emerso che già nel lontano 2012 Snam aveva sottoposto all’attenzione del Comune di Cesena un disegno di massima del gasdotto, ottenendo un primo via libera alla richiesta di autorizzazione a procedere che aveva inoltrato. Ma la faccenda, che allora era passata in sordina, adesso si sta facendo scottante. Specialisti inviati da Snam per eseguire su terreni privati i necessari sondaggi geologici preliminari all’apertura dei cantieri sono stati respinti dai proprietari, che hanno impedito l’accesso.
I motivi dei malumori sono tanti, oltre all’importo irrisorio delle indennità che il colosso del gas pagherebbe ai proprietari. Per esempio, l’eliminazione di piante in campi coltivati sarebbe accompagnata da un rimborso una tantum, ma c’è chi ha fatto notare che la prevista istituzione di una servitù esporrà chi la subirà a eventuali futuri interventi, senza alcun diritto a ristori.