Cesenate morto in mare a Milano Marittima, accusati i noleggiatori del catamarano

Nonostante la richiesta di archiviazione, il processo per la morte del cesenate Davide Pastorelli si farà. Lo ha deciso il giudice per le indagini preliminari Andrea Galanti, che sciogliendo una riserva di oltre tre mesi ha disposto l’imputazione coatta nei confronti dei due titolari del Centro Velico snc di Cesenatico, padre e figlio, che il 27 agosto del 2020 diedero a noleggio il catamarano dal quale la vittima 46enne si tuffò, per poi annegare. Entro 10 giorni la Procura dovrà quindi formulare il capo d’imputazione, destinato portare i due indagati di fronte all’udienza preliminare.

Il fatto

C’era il mare mosso nel pomeriggio di due anni fa, quando il catamarano noleggiato da Pastorelli insieme alla fidanzata e a un’altra coppia, arrivò all’altezza del bagno Papeete di Milano Marittima. Il 46enne si tuffò a circa 300 metri dalla costa, trovandosi ben presto in difficoltà. I tentativi degli amici di raggiungerlo, effettuando la virata per avvicinarsi a lui, erano stati vani e ben presto l’uomo era sparito in acqua. Il natante era poi approdato a riva, nella speranza che il disperso arrivasse a nuoto. Ma le ricerche di Pastorelli sono proseguite invano fino alla mattina seguente, quando, intorno alle 10, il suo corpo è stato ritrovato senza vita, avvistato dall’elicottero dei vigili del fuoco impegnato insieme ai mezzi della Capitaneria di porto, a circa 200 metri dal canalino di Milano Marittima.

Le irregolarità

Gli accertamenti coordinati dal sostituto procuratore Angela Scorza avevano portato a iscrivere nel registro degli indagati i due locatori (assistiti dall’ avvocato Massimiliano Baillieri). Era emerso infatti che sul catamarano mancava il salvagente anulare con corda da 30 metri. L’imbarcazione era oltretutto priva di assicurazione, e alle persone a bordo non era stato fornito il vademecum di informazioni per la guida in sicurezza, obbligatorio secondo l’ordinanza della Capitaneria. Tuttavia, secondo quanto ravvisato dal pm al temine delle indagini, non è possibile provare che Pastorelli si sarebbe salvato dopo il tuffo, a prescindere dalla presenza o meno del salvagente.

 

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