Cesena: morto imprenditore per monossido di carbonio, iniziato il processo

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Un imprenditore morto e una ragazza trovata in fin di vita, salvata seppure con ripercussioni gravissime dovute al monossido di carbonio prodotto da una caldaia. Questo il bilancio del killer silenzioso, invisibile e inodore, che il 14 ottobre del 2016 colpì all’interno di un appartamento di via Trieste. Per la morte del 54enne Giuseppe Ostuni e per le ripercussioni gravissime riportate dalla ragazza all’epoca 25enne che si trovava con lui, si è aperto ora il processo nei confronti di una persona. Si tratta dell’installatore della caldaia, un 51enne di origini albanesi residente nel Reggiano. Secondo l’accusa non installò correttamente l’impianto di scarico fumi, lasciando che l’esalazione tossica di diffondesse nell’ambiente non appena la caldaia entrò in funzione con i primi freddi autunnali.

L’indagine sull’impianto

Erano cinque le persone inizialmente iscritte nel registro degli indagati dal sostituto procuratore Marilù Gattelli. Con l’installatore, avevano ricevuto gli avvisi di garanzia anche i due responsabili della ditta produttrice e il rivenditore della caldaia, così come un amico della vittima, al quale era formalmente intestata la casa. L’autopsia non aveva dato dubbi sulla causa delle morte. Così la Procura aveva disposto un incidente probatorio, incaricando un consulente tecnico di verificare il funzionamento di tutto l’impianto. E’ stato l’esito di quell’accertamento a portare allo stralcio di queste ulteriori quattro posizioni, poi archiviate. La caldaia infatti non presentava malfunzionamenti, né difetti di fabbrica. Era lo scarico fumi la causa della fuga del gas letale; il condotto di presa d’aria non era a tenuta aumentando così sensibilmente la quantità di monossido immessa nell’ambiente. Lo scarico fumi non era stato realizzato a regola d’arte: tubi a temperatura sigillati con silicone, giunzioni chiuse con nastro da pacchi in nylon, collegamenti posticci e semplicemente appoggiati, al punto da portare a una disgiunzione del condotto a valle che avrebbe dovuto consentire la fuoriuscita del monossido.

Il dramma, 5 anni fa

A dare l’allarme, il giorno della tragedia, furono gli operai della Ostuni Costruzioni, con sede a Cesena. L’imprenditore edile non si era infatti presentato come di consueto puntuale in cantiere e non rispondeva nemmeno al telefono. Così, temendo potesse essergli successo qualcosa, un suo collaboratore era stato incaricato dai colleghi di andare a verificare se fosse o meno in casa. Dopo avere citofonato invano, il muratore aveva scavalcato il cancello alzando le varie tapparelle, scorgendo in una stanza due figure prive di sensi. Era ormai troppo tardi per il 54enne, mentre la ragazza ce l’aveva fatta dopo svariati giorni di terapia in camera iperbarica. La patologia cardiaca dovuta all’avvelenamento l’accompagnerà probabilmente per tutta la vita; ecco perché ora si è costituita parte civile con l’avvocato Michele Angelucci del foro di Cesena. Hanno invece deciso di non partecipare al processo la moglie e le due figlie del defunto. L’imputato, difeso dall’avvocato Dominico Noris Bucchi del foro di Reggio Emilia, dovrà comparire alla prossima udienza già fissata per aprile del prossimo anno, quando il processo entrerà nel vivo.

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