Cesena, migrante licenziato da centro accoglienza chiede 100mila euro

Cesena

CESENA. Estromesso dal lavoro quando ha chiesto di rientrare economicamente da anni di turni h24, cioè assolutamente fuori da qualsiasi parametro ordinario e straordinario. Poi lo hanno licenziato e allontanato dalla struttura quando ha portato le sue ragioni tramite avvocato. E ora è costretto di conseguenza a dormire “sotto ad un ponte” e con la spada di Damocle del mancato rinnovo del permesso di soggiorno, che dipendeva principalmente dal contratto a tempo indeterminato col quale lavorava.
La storia, che sta sottoponendo all’attenzione della magistratura inquirente l’avvocata Carmela Moriconi, vede protagonista da una parte un giovane rifugiato nigeriano e dall’altra l’associazione “Croce Oro”, che gestisce alcuni centri di accoglienza per rifugiati, tra i quali anche quello storico di via S.Agà, nelle campagne tra Gattolino e Macerone.
Il giovane, stando a quanto sostenuto, deve avere dall’associazione somme importanti. Per tre anni avrebbe lavorato con un contratto a tempo indeterminato da 500 euro, come cuoco, custode e come una sorta di tutto fare all’interno della comunità di via S.Agà, dove transitano (da alcuni mesi in numero molto minore rispetto agli inizi) rifugiati in attesa delle pratiche per il riconoscimento dello status e del conseguente permesso di restare in ambito italiano ed europeo.
Quello del migrante «era un impegno continuativo senza ferie, malattia o altre tutele», spiega il legale che si sta occupando della vicenda. Ragion per cui ha messo mano alla sua situazione, reclamando quanto dovuto per l’impegno profuso: oltre 100 mila euro in più rispetto a quanto è stato pagato. Una rivendicazione formalizzata tramite un ricorso al giudice del lavoro.

Appena inviata la richiesta di rientrare del denaro non pagato, l’associazione “Croce Oro” ha replicato, sostenendo che da 11 giorni il lavoratore non si presentava al suo posto.
Ma non gli era possibile - ha spiegato lo straniero tramite la sua legale - perché gli erano state ritirate le chiavi per accedere ai luoghi di lavoro. Le giustificazioni addotte per la condotta ostativa da parte del datore di lavoro hanno avuto un’ulteriore replica. «È stato licenziato ed allontanato dalla struttura - spiega l’avvocata - tanto che da 24 ore neppure io sono riuscito a parlargli ed a contattarlo. Per comunicare si appoggiava sulla linea internet della struttura di via S.Agà, che era anche la sua casa. Ora non so neppure come fare a rintracciarlo. Senza dimora com’è, sarà costretto a dormire all’addiaccio. E siamo in dicembre…».
Il migrante ha raccontato di un passato in cui era stato sospettato da parte dell’azienda di aver fatto soffiate all’ispettorato del lavoro. In realtà - ha spiegato - era invece su di lui e sul suo ruolo all’interno della struttura per profughi altre persone avevano fatto rivelazioni all’ispettorato del lavoro. Ma non sono mai sfociate in nulla. Il giovane ha riferito, sempre all’avvocata, che dal giorno della richiesta ufficiale di pagamento degli arretrati, era stato lasciato senza mangiare in struttura. «Naturalmente abbiamo fatto un ricorso di lavoro per le differenze retributive, in attesa della fissazione dell’udienza in tribunale. Ma ora uniremo una impugnazione al licenziamento», fa sapere chi lo sta assistendo sul piano legale. Dal canto suo, “Croce Oro”, contattata dal “Corriere”, non commenta.

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