La chiesa di Santa Cristina di Cesena, piccolo pantheon neoclassico disegnato da Giuseppe Valadier su commissione del papa cesenate Pio VII Chiaramonti, ospita la mostra Giovanni Cappelli. Opere sacre (1944-1976). Promossa dall’Ufficio Arte sacra della diocesi di Cesena-Sarsina, inaugura domani alle 11 e celebra il centenario della nascita del pittore cesenate Giovanni Cappelli (1923-1994). Ne sono curatori Marino Mengozzi, direttore dell’Ufficio di Arte sacra, e l’artista Tommaso Magalotti.
Cresciuto in una famiglia povera nella prima campagna cesenate di Case Finali, Cappelli si era avviato all’attività di falegname; fino a recarsi, una sera del 1942, a casa di Ilario Fioravanti per chiedergli aiuto nella preparazione dell’esame di ammissione al Liceo artistico bolognese.
«La mostra è nata ordinando l’archivio diocesano dei beni culturali dove abbiamo scoperto questa “Via Crucis”», dice Mengozzi. Dove sono riemerse le stazioni disegnate a carboncino nel 1944; nei disegni spicca la lezione dei classici con quella del primo ’900, dove l’elemento figurativo si fa più essenziale, e sul quale l’artista inserisce la sua poetica. «Fu il parroco di Ardiano, dove la famiglia Cappelli era sfollata, a chiedere a un 21enne Giovanni una “Via Crucis”. La realizzò su umili fogli di quelli da registro per la partita doppia».
La mostra si completa con opere del Museo Diocesano e bozzetti di pale d’altare realizzate da Cappelli per le chiese cittadine di San Pietro, Gattolino, Martorano. Sono opere di bellezza e intensità drammatica, fra cui una modernissima “Resurrezione” sullo sfondo di una periferia urbana, fra hippie e un traliccio, con un simbolico Cristo biondo come l’aureola, in tunica rosso sangue. Una profondità di un sentire, quella di Cappelli che, a partire da una religiosità acquisita nell’humus terrigno di provincia, si inseriva nel contesto più ampio e globale del neorealismo del ’900 dai fermenti sociali. Fra Cappelli, Alberto Sughi, Luciano Caldari, nacque un sodalizio giovanile che li spinse a continuare a dipingere oltre le mura. Cappelli scelse Milano dove si fermò, dove trovò sollecitazioni creative più aperte e metropolitane, dove provò il dolore per il figlio con sindrome di Down, e dove sarebbe morto all’improvviso nel 1994, quando un arresto cardiaco lo colse alla vigilia dell’inaugurazione di una sua antologica a Busto Arsizio. «Non c’è arte quando non c’è umanesimo», disse rivolgendosi ad aspiranti giovani artisti.
La mostra si correda di catalogo (Stilgraf) curato da Mengozzi. Fino al 16 aprile (giov-dom).