Cesena: la missione dall'Ucraina è tornata con 177 profughi

La domenica è iniziata prima dell’alba con un allarme antiaereo suonato alle 5. È stata la giornata del rientro verso l’Italia della carovana della missione di Mediterranea in Ucraina. «Avremmo dovuto incontrare l’ambasciatore italiano a Leopoli - racconta Damiano Censi, cesenate e volontario di Mediterranea che faceva parte della missione “Safe Passage” - Siamo riusciti a partire alle 12 e siamo arrivati in Polonia a Medyca alle 20».

“Safe passage” per tutti

Lo scopo della missione di Mediterranea era duplice: portare aiuti dall’Italia e portare in Europa persone che da sole non sarebbero riuscite ad andarsene. Sono 177 le persone che scappavano dall'Ucraina e che sono riusciti ad aiutare. Tra loro c’erano ucraini, russi, uzbeki, ecuadoregni, colombiani, georgiani e italiani. «Tutte persone che avevano diritto a lasciare l’Ucraina e ad essere accolte, ma non sempre questo diritto viene rispettato».

La frontiera

Da Leopoli al confine ci sono circa 70 chilometri, ma i tempi di percorrenza si dilatano: «Un po’ le strade sono rovinate, un po’ i controlli al confine sono lunghi e giustamente meticolosi. Nel nostro caso erano ancora più complicati perché avevamo diversi minori che venivano da un orfanotrofio». Ci sono volute 4 ore e mezza per attraversare la frontiera Ucraina, superata questa c’era quella polacca. «Nell’attesa un signore che avrà avuto una settantina di anni aveva cominciato ad agitarsi: era in ansia perché in Polonia aveva un passaggio per la Svizzera e temeva di rimanere indietro ed in ritardo. Mi sono accorto che stava tremando - racconta Censi - è con l’interprete gli abbiamo chiesto se avesse freddo, ci ha risposto che non aveva freddo ma paura».

Tra grano e separazioni

Tra i ricordi c’è l’incontro con un italiano: «Aveva doppia cittadinanza ucraina e italiana, ma non poteva comunque lasciare il Paese. Ci ha portato del grano saraceno che la sua famiglia coltiva da generazioni, chiedendoci di portarlo in Italia, dove qualcuno avrebbe potuto continuare a coltivarlo». Alla frontiera le emozioni sono intense. Tra le scene dolore a cui hanno assistito c'era quella di un uomo che si è dovuto separare dai suoi familiari: «Lui aveva una esenzione per motivi di salute, ma quando è arrivato alla frontiera ha scoperto che la legge entrerà in vigore tra qualche giorno. Abbiamo assistito al momento in cui si è dovuto separare dalla sua famiglia, è stato davvero toccante, sperava di poterli rivedere tra qualche giorno».

La gioia dei ragazzi

Insieme al dolore c’è anche la bellezza: «Quando eravamo in fila per un bagno che era a pagamento, la signora che raccoglieva i soldi, quando ha visto i bambini e ha intuito che era una missione umanitaria non ha voluto più nulla. In tanti ci sorridevano quando capivano che eravamo italiani». I sorrisi più belli però sono quelli di due ragazzini che viaggiavano con loro: «Quando finalmente siamo arrivati in Polonia e abbiamo superato tutti i controlli ci siamo fermati in un parcheggio per ristorarci, per mangiare qualcosa prima di ripartire. Loro erano pazzi di gioia, avevano trovato un carrello e giocavano girando in tondo e ridendo felici».

Pronti a rilanciare

Ora la speranza, spiega Censi, è quella di poter «Rilanciare, di organizzare altre missioni del genere perché siamo convinti che sarebbe importante creare un movimento di persone con passaporto europeo presenti nel territorio ucraino per frapporsi al conflitto aiutando e portando in salvo le persone. Vorremmo allargare l’esperienza fatta e stiamo lavorando in rete con altre associazioni per riuscirci». Per sostenere “Safe passage” di Mediterranea: www.produzionidalbasso.com/project/missione-safe-passage-in-ucraina/

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