Cesena, incubo cavallette: "Tra qualche giorno arriverà il peggio"

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Invasione di cavallette sulle colline attorno a Casalbono: gli abitanti, e in particolare gli agricoltori della zona, temono che il peggio debba ancora arrivare. «Il ciclo di crescita delle cavallette che stiamo vedendo da un paio settimane in quantità enormi non ci pare completato - riferisce un coltivatore - Sono ancora piuttosto piccole e quindi ci aspettiamo che, quando diventeranno adulte, nelle prossime settimane la situazione nei campi si aggraverà ancora, finché non resterà niente». È una magra consolazione sapere che «il loro ciclo vitale termina attorno a Ferragosto, quando anche l’anno scorso le vedemmo diversi esemplari, attaccati ai fili d’erba e ai prodotti della terra». Sarà troppo tardi, perché da qui a un mese e mezzo c’è purtroppo tutto il tempo per devastare i raccolti. La scorsa estate un’emergenza simile, di cui non si aveva memoria nel passato, si concentrò nella prima metà di luglio. Ed ebbe termine solo quando le produzioni furono divorate quasi interamente e quindi gli insetti si spostarono alla ricerca di nutrimento in altre zone. Quest’anno la scena si sta ripetendo, ma un po’ in anticipo e forse in forma peggiore. Chi ha percorso ieri le strade che attraversano la località di Case Venzi riferisce che «erano completamente scure, perché ricoperte da un numero incredibile di cavallette». Per quel che riguarda l’origine del problema e le eventuali contromisure, l’analisi e i consigli dell’entomologo Claudio Venturelli, riportati ieri dal “Corriere Romagna”, vengono tenuti in debita considerazione, ma aggiungendo alcune considerazioni che complicano il quadro: «È vero che nella nostra zona ci sono parecchi campi di erba medica - racconta un agricoltore - Però il loro mantenimento per 4 o 5 anni è la normalità, è il ciclo naturale di quelle piante, che si seminano in marzo, dopo avere lavorato il terreno l’anno prima, e poi di solito restano lì per un quinquennio. Gli esperti hanno ragione quando dicono che l’aratura aiuterebbe a distruggere le uova depositate nel terreno, ma qui ci sono 15-20 agricoltori e ognuno ha le proprie esigenze e fa le proprie scelte aziendali». Insomma, non si tratta di convincere un unico o pochi grandi proprietari, ma bisognerebbe metterne d’accordo tanti per provare questa soluzione radicale che eviti il ripetersi del disastro nelle prossime estati, e non è un’impresa facile.

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