Cesena, il vivaio che vince e il senso di appartenenza

Autunno 2019, una formazione giovanile del Cesena stravince un derby di campionato segnando una valanga di gol. L’allenatore dei vincitori a fine gara spiegò così quella rullata: “Di solito non lo faccio, ma anche quando la nostra vittoria era al sicuro, ho detto ai ragazzi di non fermarsi e continuare a spingere. Noi dovevamo vincere nettamente quel derby per fare capire a tutti che il settore giovanile del Cesena era tornato”.
Sabato 16 luglio il fallimento dell’Ac Cesena compie 4 anni, una deflagrazione che tra i vari danni collaterali ha portato alla diaspora di decine di talenti, alcuni di valore assoluto, visto che il Chelsea nell’affare-Lukaku con l’Inter ha provato (invano) a inserire un’opzione per il prezioso centrocampista cervese Cesare Casadei.
In soli quattro anni si ricostruisce un settore giovanile? I risultati del Cesena ci suggeriscono una prima risposta: sì. Che poi questa sia davvero la risposta giusta, lo dirà il tempo. La Primavera ha vinto il campionato e le selezioni Under 17 e Under 15 hanno chiuso in trionfo con lo scudetto. Però i risultati sono una prima spinta all’ingranaggio, ora serve un altro passo in avanti. I prossimi anni ci diranno quanti di questi ragazzi avranno la bravura e la fortuna di conquistarsi una occasione in prima squadra, l'indizio decisivo per capire se un settore giovanile funziona.
Dalle parole di Lewis e Aiello è già noto a tutti che la prima squadra punta al primo posto, missione difficilissima in C: una missione dove devi spendere tanto, sperando che basti. Un antico sultano dei settori giovanili come Sergio Vatta (guru del vivaio del Toro) inquadrò per tempo la piega che avrebbe preso il calcio professionistico: “Una volta le squadre si costruivano, adesso si comprano”. Dai primi segnali, il Cesena vuole comprare tanto per fare bene subito, ma la costruzione a lungo termine di un percorso e il senso di appartenenza di una piazza, quelli passano per forza dal settore giovanile.

Tre campionati vinti dalla Primavera all’Under 15 sono uno spot magnifico, sono un’auto in giro per la Romagna con l’altoparlante sul tetto che spara a tutto volume la stessa frase: “Vuoi diventare un calciatore? Lo diventi a Cesena”. Risultati alla mano, il vivaio ha tecnici bravi e dirigenti che li sanno guidare. Ora serve il secondo step, bisogna condire tutto sentendosi fradici di magia (per dirla alla Paolo Conte), tenere vivo il sogno di un ragazzo di giocare in prima squadra al Manuzzi. Possono cambiare le proprietà e il presidente può essere nato a New York o a Diolaguardia, ma la storia non cambia. La storia del Cesena e del suo fascino verso la gente restano legati al percorso di ragazzi che entrano bambini ed escono calciatori. Ti puoi chiamare Massimo Agostini o Tommaso Berti, puoi arrivare in Champions come Massimo Ambrosini o avere meno fortuna come Paolo “Pelè” Pupita (baby-bomber iconico della Villa Silvia anni 90), ma la sostanza non cambia: la diversità del Cesena sta nel coraggio di lanciare i propri ragazzi. Il senso di appartenenza lo si costruisce così, anche nei campionati in cui vuoi vincere tutto e possibilmente subito. Con le squadre comprate, arriveranno senza dubbio ottimi professionisti. Nelle squadre costruite senza dimenticare i ragazzi del vivaio, aumenterà la possibilità che ci sia un’anima e il Cesena ha un tipo di pubblico che nel dubbio fa un applauso in più a un ragazzo cresciuto in casa. E nelle stagioni vincenti è un tipo di applauso che si è sempre sentito.

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