Cesena, i magistrati anti mafia: "Qui ora comanda la 'Ndrangheta"

Archivio

«Debellare la mafia nel nostro Paese sarà una cosa lunga. Ma come diceva il giudice Falcone “Cosa nostra come tutte le cose umane avrà un inizio ed una fine”».

La ’Ndrangheta negli ultimi 10 anni pare abbia sostituito Cosa nostra nel controllo del Nord. È emerso dal dialogo fra il magistrato Daniele Paci, il pm che risolse il caso della Uno bianca, e Marco Forti, sostituto procuratore assegnato all’antimafia, ospiti nell’aula magna della Malatestiana all’incontro, “Mafie vecchie e nuove. L’insediamento al nord e in particolare in Emilia Romagna”, organizzato dagli Amici della Biblioteca Malatestiana.

La mafia non esiste

Ripercorrendo la storia del nostro Paese, i due magistrati hanno evidenziato come ancora negli anni ’70 si dicesse “la mafia non esiste”, e come invece processi come quello al Banco Ambrosiano negli anni ’80, quello al 7 volte presidente del consiglio Giulio Andreotti alla fine degli anni ’90, a quello del senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri, abbiano dimostrato i legami della mafia con la politica e con un pezzo dello Stato, ribadendo l’importanza della lotta alla mafia sia sul piano repressivo che su quello sociale e sottolineando i fondamentali strumenti delle intercettazioni e del carcere duro 41bis.

Daniele Paci

Il magistrato, oggi all’antimafia di Ancona, è partito dal 1875 quando il Parlamento italiano per la prima volta si occupò di mafia per arrivare alla descrizione dell’organizzazione criminale dei nostri giorni. «Cosa nostra ha 160 anni, come lo Stato italiano. È sempre presente perché non è una questione della parte più debole della popolazione, ma è un problema di classi dirigenti, d’interazione con la politica. Quando lo Stato vuole mettere in campo la propria forza per debellare e far sparire un fenomeno criminale ci riesce. Ma se un’organizzazione criminale ha delle relazioni con la classe dirigente allora la maratona si fa lunga. Si deve anche tenere conto che fino al 1982 non era neppure previsto nel codice penale il reato di associazione mafiosa. Processi come quello ad Andreotti e quello a Dell’Utri mostrano questi forti legami. Allora si comprende la differenza tra le organizzazioni criminali comuni e Cosa nostra».

Paci ha descritto l’organizzazione di Cosa nostra e quindi ha spiegato l’importanza della cattura di Matteo Messina Denaro. «Come dopo che le Brigate rosse hanno ucciso Moro e da lì è iniziato il loro declino la mia speranza è che dopo le stragi del 1992 possa essere cominciato quello di Cosa nostra. Sostituire la cupola di Palermo è oggi il primo obiettivo della mafia palermitana. Ad oggi la cupola di Palermo non si è ricostituita. Ecco perché l’arresto di Matteo Messina Denaro è molto importante: era l’unico che faceva parte della commissione provinciale di Palermo al momento degli attentati».

Marco Forte

Il magistrato bolognese ha parlato delle differenze fra le 4 organizzazioni criminali, Cosa nostra, la camorra, la mafia pugliese e la calabrese, la vera sfida per il nord. «Il nord Italia sbagliando ha sempre guardato al fenomeno mafioso come a un problema solo del sud. I dati processuali invece ci dicono che già negli anni ’70 vi era una presenza stabile, partita da Milano e Torino. Il problema grave era che in quegli anni non esisteva il 41bis ecco perché è importante tenerlo. Oggi per me sentire di smantellare queste strutture e strumenti repressivi, pagate col sangue di tante persone, innervosisce come cittadino e magistrato. Il problema vero per i mafiosi del 2022 è quello di salvaguardare i beni. Oggi la mafia 2.0 si serve di tante figure professionali, del mondo dell’imprenditoria, della finanza, per riciclare denaro ed è quindi più difficile colpirli».

Forte ha poi parlato dell’insediamento mafioso nella nostra regione, dove da circa 10 anni a farla da padrone non è più la mafia siciliana ma l’Ndrangheta. «Fra Reggio Emilia e Parma vi è una località dove vengono applicate le regole della Calabria. L’Ndrangheta è stata una mafia sottovalutata: fino a 10 anni fa arrestavamo congreghe di calabresi per grossi traffici di droga ma oggi sono dei broker, sono dei finanziatori ed è difficile prenderli. Usano manovalanza albanese, magrebina, macedone».

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui