In spiaggia hanno fatto capolino due giorni fa, ma già ieri sembravano, almeno nella zona di Cesenatico, dirette altrove. Chi invece fa i conti da anni con le cavallette e i danni che procurano sono gli agricoltori delle zone collinari e montane; quella da diverse estati è una vera e propria invasione con migliaia di esemplari che fanno scempio dei raccolti.
«È almeno da una decina di anni che abbiamo cominciato a notare l’aumento delle popolazioni di cavallette, ma è negli ultimi due-tre che la situazione è completamente degenerata», racconta Loris Mengozzi, agricoltore e consigliere di Confagricoltura. Lui ha i campi Piavola e Pieve di Rivoschio, una zona di confine che tocca cinque comuni: Mercato Saraceno, Sarsina, Cesena, Civitella e Meldola. «È un problema che hanno tutti da queste parti ma che si sta allargando, so che ad esempio anche nell’entroterra marchigiano stanno avendo problemi».
Se le cavallette hanno trovato condizioni ideali per moltiplicarsi, spiega Mengozzi, «è per via dei nostri terreni argillosi e dei tanti terreni incolti che ci sono in queste zone». I danni di un’invasione del genere sono consistenti: «Mangiano tutto, se le si lascia agire rimangono solo gli steli. Da un paio di anni dopo il primo sfalcio di foraggio, che di solito si fa i primi di maggio, per il secondo, che di norma si fa tra giugno e luglio, faccio quello che posso cercando di anticipare il più possibile: se lo lasciassi maturare rimarrebbero solo gli steli». Sono danni che Mengozzi quantifica in «10-15mila euro ogni anno», e come lui, precisa, «è nella stessa condizione il 90% dei produttori della zona. Per chiarire: io ho subito molti più danni dalle cavallette che dall’alluvione. Con l’alluvione abbiamo avuto qualche problema di frane, il grano è meno e la qualità quest’anno più scarsa, ma niente in confronto al danno causato dalle cavallette».
È un problema che hanno già segnalato: «Lo scorso anno abbiamo fatto le riunioni con i tecnici, sono state fatte le mappature. Quest’anno speravamo che l’alluvione ci avesse risolto quel problema e invece manco per sogno». La schiusa delle uova è stata solo ritardata e uno dei problemi è stato che l’autorizzazione del prodotto biologico che avrebbero dovuto utilizzare nel frattempo era scaduta. «È un prodotto che dovrebbe attaccare all’animale un fungo che trasmettono anche alle uova, e soprattutto è un prodotto che può essere utilizzato anche da chi ha l’azienda in biologico come me. Ma è anche un prodotto costosissimo per le aziende. Non sappiamo nemmeno quale resa abbia né quanto sia efficace perché non abbiamo potuto usarlo».
Quando questa estate il problema si è ripresentato, hanno interpellato Regione, Arpae e Comuni. «Si sono mobilitati, ma di soluzioni concrete non ce ne sono state». Ma il problema va affrontato, «fare agricoltura in montagna è già difficile, così rischiamo davvero che abbandonino le terre anche quelli che sono rimasti o i giovani che ci stanno provando».