Cesena, fuga medici ospedalieri: 6 antidoti suggeriti al ministro

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Gli ospedali ormai non devono fare più solo i conti con la difficoltà crescente a trovare nuovi medici, ma anche con l’emorragia di quelli già in servizio, attirati dalle strutture private. A lanciare l’allarme è Giuseppe Zuccatelli, che è stato direttore dell’Ausl di Cesena dal 1994 al 2002 e poi ha avuto incarichi impegnativi di respiro nazionale. Ora dall’alto dell’esperienza nel mondo della sanità maturata per buona parte dei suoi 78 anni di vita, lancia l’allarme per un problema che sta diventando grave. Anzi, fa di più. Si rivolge al ministro della Salute appena insediato, Orazio Schillaci, per proporre anche qualche contromisura concreta. Sviluppa la sua riflessione in modo congiunto con un altro esperto del settore, Claudio Maria Maffei, già direttore sanitario nelle Marche e membro di commissioni nazionali che si sono occupate di importanti questioni in materia di salute. Le loro analisi e proposte sono state riportate da un autorevole giornale specializzato online: quotidianosanità.it.

Il problema

L’analisi dei due esperti parte da quella presentata come una certezza: «A regole del gioco invariate, la carenza di medici specialisti negli ospedali pubblici potrà solo peggiorare. È fuori di dubbio che il capitale umano sia la principale risorsa energetica del Servizio Sanitario Nazionale. La sua carenza sta determinando effetti gravi e fino a qualche tempo fa impensabili, che ricordano davvero la più generale crisi energetica. Prendiamo l’esempio del fenomeno patologico della copertura dei turni a tariffe fuori mercato con personale medico delle cooperative o libero-professionista. È un fenomeno che ricorda molto anche nelle proporzioni l’impennata nel costo delle utenze. E al pari di quello che capita nel resto della società il rischio di chiusure o di fermo attività è diventato nelle strutture sanitarie pubbliche una eventualità sempre meno lontana».

Le sei proposte anti-fuga

Che fare, allora? «In una situazione drammatica come questa non ci si può limitare all’aumento della “produzione di energia” e quindi di professionisti, perché comunque l’aumento avrà bisogno di anni per dispiegare i suoi effetti. Va dunque richiamata l’attenzione su come evitare le “perdite” e il cattivo utilizzo dei professionisti, in particolare medici ospedalieri. Le “perdite” riguardano la scelta di un numero crescente di specialisti di lasciare le strutture pubbliche per andare a lavorare nelle cooperative o nelle strutture private. Il cattivo utilizzo è letteralmente lo spreco di queste preziose risorse». Sono sei le mosse, «magari anche temporanee», che vengono proposte per fronteggiare questa emergenza, in aggiunta a un «miglioramento del trattamento economico» e a un maggiore sostegno alla «crescita professionale» dei medici. Una prima idea è quella di «consentire e anzi agevolare il mantenimento in servizio di professionisti pubblici in età pensionabile, che altrimenti il giorno dopo la pensione andranno a lavorare nel privato». Con una puntualizzazione: in questo nuovo ruolo «perderà le funzioni organizzativo-manageriali e manterrà o addirittura in alcuni casi incrementerà sia le funzioni “professional” che quelle formative, di supporto alla crescita dei professionisti nella loro fase junior». Un’altra proposta è quella di «impedire ai professionisti “in fuga” dal pubblico di lavorare in strutture private contrattualizzate della stessa Regione per almeno due anni dopo le dimissioni». Così come si potrebbe «impedire che medici dipendenti in extramoenia possano lavorare nelle cooperative». Viene suggerito inoltre di «prevedere che il privato abbia una quota definita e limitata di professionisti con rapporto libero-professionale in tutti i settori». Un divieto al privato di dare ai medici «forme di retribuzione calcolate come percentuale del valore della produzione» è un’altra contromisura auspicata da Zuccatelli e Maffei. Infine, chiedono di «prevedere il coinvolgimento del privato nel sistema dell’emergenza-urgenza».

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