Cesena, la felpa contraffatta comprata su Amazon. «Sanzione corretta»

Le leggi non sempre sono in linea con il comune buon senso, o almeno con le convinzioni diffuse tra chi non mastica diritto. E il caso della sanzione rifilata dalla Guardia di finanza alla quarantenne cesenate che ha acquistato attraverso Amazon una felpa che è poi risultata contraffatta sembra rientrare in questa casistica. Dal punto di vista prettamente giuridico, quel verbale è infatti corretto, secondo l’autorevole parere di un avvocato cesenate che è tra i massimi esperti in Italia di normative su diritti d’autore, marchi e dintorni: Andrea Sirotti Gaudenzi.


Tanti clienti della famosissima piattaforma commerciale online sono rimasti a dir poco sorpresi e anche un po’ preoccupati dalla possibilità di incappare nello stesso problema con cui ha dovuto fare i conti la donna di cui abbiamo raccontato ieri sulle pagine del Corriere Romagna. Ha comprato attraverso il colosso delle vendite su internet una replica di una felpa “Supreme” e, mesi dopo, è arrivata una doccia fredda che non si aspettava. Si è vista notificare un avviso della Finanza in cui le è stato contestato di avere acquistato un articolo contraffatto. Un’infrazione alle norme che comporta una sanzione pecuniaria amministrativa che può andare da un minimo di 100 euro a un massimo di 7.000 euro. Se pagherà entro 60 giorni se la caverà con 200 euro. Ma lei non sente di avere particolari colpe, se non quella di essersi fidata della legalità di quanto Amazon espone nelle sue “vetrine virtuali”.
L’avvocato Sirotti Gaudenzi spiega che non è però così. «La legge parla chiaro, e anzi se un acquirente facesse circolare la merce contraffatta comprata, magari perché è un regalo per qualcuno, rischierebbe addirittura di essere accusato del reato di ricettazione». Per la verità, il giurista cesenate non nasconde un po’ di sorpresa per il fatto che né l’acquirente, né Amazon, che «di solito ha regole ferree ed è rigoroso nell’osservarle», si siano accorti che c’era qualcosa che non andava, visto che era espressamente scritto accanto alla foto del capo d’abbigliamento che si trattava di un’imitazione: «Come si fa a scrivere “replica, per giunta di un marchio così noto, e pensare che sia legittimo e tollerabile?». Quanto a un’eventuale responsabilità di Amazon per l’omesso controllo, Sirotti Gaudenzi spiega che «le norme di derivazione europea attualmente in vigore, a partire dalla Direttiva del 2000 sull’e-commerce, per fare respirare i provider non hanno imposto in modo rigido un dovere pieno di controllo» su quello che passa attraverso il loro “canale”, riconoscendo in questo modo che «il gestore non può riuscire a controllare tutto». La materia è comunque complessa e in continua evoluzione. Per esempio, «esiste una recente giurisprudenza, avvalorata dalla Corte di Cassazione, che lascia intravedere - conclude l’avvocato cesenate - un rafforzamento, a carico di quei soggetti, del dovere di controllo, che finora è stato un dovere per così dire attenuato».

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