Cesena, Fabrizio Gifuni è Aldo Moro al teatro Bonci

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È fra gli eventi di punta del cartellone del teatro Bonci di Cesena; è Con il vostro irridente silenzio. Studio sulle lettere dalla prigionia e sul memoriale di Aldo Moro, ideato e interpretato da Fabrizio Gifuni, in scena stasera sabato 15 e domenica 16 gennaio alle 21. Domenica alle 17.30 nel foyer del teatro, l’attore incontra il pubblico e dialoga con Domenico Guzzo, direttore dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Forlì-Cesena (per l’occasione acquisto del biglietto dello spettacolo a 8 euro). Il romano Gifuni (1966), fra gli interpreti più apprezzati di cinema e teatro, torna a confrontarsi con la vicenda politica e umana di Aldo Moro (1916-1978) politico, giurista, accademico, personaggio cruciale della storia della Repubblica assassinato dalle Brigate Rosse. Per la terza volta Gifuni “è” Moro, dopo il film del 2012 Romanzo di una strage di Marco Tullio Giordana, e dopo il nuovo Esterno notte di Marco Bellocchio ancora in lavorazione (Gifuni ha terminato le riprese ad agosto). Questo progetto teatrale, dall’ideazione, allo studio e drammaturgia del vasto materiale dello statista, è tutto farina del suo sacco, a partire dall’invito di Nicola Lagioia, direttore del Salone del Libro di Torino: dedicare ad Aldo Moro la serata inaugurale del 9 maggio 2018.

Cosa l’ha spinta, Gifuni, a trasformare la lettura fatta a Torino in uno spettacolo teatrale?

«Quell’evento, caduto a 40 anni dalla morte di Aldo Moro, mi ha sollecitato a continuare; mi sembrava che nel profluvio di libri, documentari, inchieste sull’argomento, ci si fosse ben poco soffermati sulle carte scritte nei 55 giorni di prigionia; come se, dopo essere state tenute sotto chiave, una volta desecretate nel 1990, fossero state avvolte da un secondo silenzio che questa volta interrogava noi».

Cosa ha scoperto in quegli scritti?

«La cosa che mi ha veramente meravigliato è come un materiale così sorprendente non sia diventato un patrimonio condiviso nel Paese. Sia le lettere, sia il memoriale, dovrebbero essere studiati nelle scuole, perché sono di un’importanza capitale. Conoscerle, capire cosa si è mosso in quegli anni, è indispensabile alla lettura del presente. Lo è anche dal punto di vista linguistico; hanno una lingua complessa, piena di sfumature ma allo stesso tempo chiarissima, nitida, comprensibile a tutti».

È materiale efficace sul palcoscenico pure senza nascere per il teatro?

«Da molti anni mi spendo a elaborare drammaturgie, come ho fatto per Pasolini e Gadda. Dedicarmi a materiali non destinati alla scena, mi ha portato a scoprire contenuti e lingua così forti da farsi prepotentemente teatro. Avviene anche per queste lettere con cui realizzo un “esperimento”, come lo presento al pubblico. Considero queste carte una specie di meteorite che arriva da un tempo che sembra tanto lontano. Ogni sera con la polis del teatro condivido se questo corpo letterario, privato, storico, politico, è freddo e lontano, o se invece ci riguarda ancora».

Quale figura di Moro ne deriva?

«Di Moro abbiamo l’idea di uomo mite, pacato, tessitore paziente; in quei 55 giorni di lettere lo scopriamo anche estremamente rabbioso, violento, attacca i suoi ex amici, esprime davvero tutti i colori di un essere umano. Cerco di presentare tutto l’arco temporale del suo corpo di scrittura, dalla prima lettera alle pagine del memoriale, agli ultimi giorni. Alterno le lettere private, pubbliche, familiari, istituzionali, al memoriale relativo alle risposte che Moro diede ai brigatisti durante il “processo rivoluzionario”. Quando si rende conto che non ne sarebbe uscito vivo, comincia a stendere considerazioni in cui ricostruisce la storia dell’Italia dal dopoguerra al 1978. Come se in quei 55 giorni fosse attraversato dall’intero spettro delle pulsioni umane. E sorprende quanto queste lettere diventino teatro, quasi una tragedia shakespeariana di tradimenti, amicizie, complotti, rapporti umani».

Quali altre novità di stagione l’attendono?

«A teatro una serata sul poeta Giorgio Caproni e forse la ripresa dello spettacolo su Pasolini. Al cinema ho terminato le pose del film “I viaggiatori” di Ludovico Di Martino (La belva), e altri ne girerò. Continuo l’impegno nell’associazione “Unita” fondata durante il lockdown, per la tutela di interpreti del teatro e audiovisivo». Euro 26-8.

Info: 0547 355959

Rapito e uccisodalle Brigate Rossedopo 55 giorni

Aldo Moro è stato un politico, giurista e accademico italiano. Tra i fondatori della Democrazia Cristiana e suo rappresentante alla Costituente, ne divenne prima segretario e poi presidente e fu più volte ministro. Il 16 marzo 1978, Moro fu rapito a Roma da un nucleo armato delle Brigate Rosse. Dopo una prigionia di 55 giorni, durante la quale le Brigate Rosse richiesero invano uno scambio di prigionieri con lo Stato italiano, Moro fu sottoposto a un processo politico da parte del cosiddetto “tribunale del popolo”, istituito dalle stesse BR, e quindi ucciso il 9 maggio. Il suo cadavere fu ritrovato quello stesso giorno nel bagagliaio di una Renault 4 rossa parcheggiata a Roma in via Caetani, distante circa 150 metri sia da via delle Botteghe Oscure, sede nazionale del Pci, sia da Piazza del Gesù, sede nazionale della Dc.

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