Disturbi psichici ai giovani, numeri da paura in Romagna: "Problema sanitario numero uno"

«La salute mentale sarà il problema sanitario principale che saremo chiamati ad affrontare nei prossimi anni». È partita da questa analisi allarmante del direttore generale dell’Ausl Romagna, Tiziano Carradori, la presentazione fatta ieri all’ospedale Bufalini dei due nuovi direttori nominati in questo settore per il territorio di Forlì-Cesena: Michele Sanza e Pietro Nucera. Al primo è stata affidata la guida dell’Unità operative Dipendenze patologiche, al secondo quella del Centro Salute Mentale. I numeri raccontano una realtà estremamente complicata. Gli utenti trattati nell’ultimo semestre dal Centro Salute Mentale Forlì-Cesena sono stati 6.978 e colpisce l’aumento di richieste di trattamento nella fascia d’età 18-25 anni, dove si concentrano ben 624 pazienti. Numerosi e in salita anche gli assistiti tra i 26 e i 35 anni, che sono 936. Al momento, gli utenti in carico al Csm della provincia sono 4.500. Molto estesa la piaga delle dipendenze patologiche. Nel 2021 il Servizio che se ne occupa ha preso in carico carico di 1.214 persone nel Cesenate e 1.273 nel Forlivese alle prese con questo problema. Nel 60,5% dei casi l’intervento è scattato per il consumo di droga, per il 31,6% degli utenti per l’abuso di alcol, per il 3,5% a causa della schiavitù da gioco d’azzardo e nei restanti casi per altre ragioni.

Disagi in età precoce

Uno dei nodi è che «i disturbi si manifestano in età sempre più precoce», richiedendo risposte che devono andare oltre le cure per dispiegarsi nel campo della prevenzione. E più in generale - ha sottolineato Carradori - devono interrogare l’intera società, perché il moltiplicarsi del disagio dipende anche dal fatto che «quelli della mia generazione sono vissuti in un mondo dove avevamo opportunità maggiori della generazione precedente e c’era grande mobilità sociale. Per i ragazzi e le ragazze di oggi le cose non stanno più così: oggi le disuguaglianze sono aumentate, la ricchezza è sempre più concentrata nelle mani di pochi. Inoltre, i valori sono cambiati: per esempio, si vivono gli insuccessi come tragedie. Tutto questo è destabilizzante». Sulla stessa lunghezza d’onda Sanza: «I disturbi mentali sono lo specchio della società e infatti cambiano in base all’epoca e ai luoghi. Oggi una persona su quattro soffre o soffrirà di un disturbo dell’umore, legato allo stress, e questo ci obbliga ad approfondire la riflessione su alcune questioni, per esempio su come e quanto usare gli antidepressivi». Ma soprattutto c’è una crescente necessità di intervenire fin da giovanissimi: «I disturbi psichici, così come le dipendenze patologiche, hanno tutti radici nell'infanzia e nell'adolescenza. Quindi vanno intercettati subito. Dobbiamo lavorare sui fattori di rischio in famiglia, sullo sviluppo di una cultura di sobrietà nei confronti dell’assunzione di sostanze come l’alcol e le droghe e sulla riduzione dello stigma, cioè del pregiudizio, che spesso arrivare in ritardo alle cure chi ne ha bisogno. Gli adolescenti soffrono di deficit di identità e difficoltà a trovare un proprio profilo stabile». In un simile quadro aggiunge Sanza - pure sul versante delle cure «c'è bisogno di crescere: serve più specializzazione e maggiore ricorso alle psicoterapie, anche di gruppo, perché l'approccio farmacologico non basta». Nucera ha confermato che «l’ambiente si è complicato e agisce come innesco di vulnerabilità. Basta pensare ai disturbi alimentari in forte aumento». Va comunque sempre ricordato che «la sfida deve restare il recupero dell’autonomia del paziente». Un punto cruciale resta l’inserimento lavorativo, che ha anche una funzione intrinsecamente terapeutica. Ma su questo fronte Carradori ha lamentato un problema: «Non si può pretendere che chi ha limitazioni sia un campione di produttività sul lavoro. C’è bisogno di comprenderlo, cosa che si fa nel pubblico, ma molto spesso non nel privato. Occorre un cambio di mentalità».

A corto di soldi e personale

Per agire con efficacia nel campo della sanità, e più che mai in quello della salute mentale - ha evidenziato Carradori - «le risorse umane sono fondamentali, perché le prestazioni di cura le erogano le persone». E qui ci sono due ostacoli. Il primo è «la disponibilità finanziaria, che è insufficiente: la verità è che la sanità pubblica è stata usata per risanare il Paese attraverso il taglio del personale. È tutto questione di scelte, dipende dalle priorità che ci diamo. La vera domanda è: quale idea di società e di solidarietà abbiamo in questo Paese?». L’altra nota dolente è una difficoltà “alla fonte” a fare assunzioni: «Dobbiamo pensare non solo ai medici, che non ci sono - ha fatto notare il direttore dell’Ausl Romagna - ma anche ad altre professionalità, come psicologi, che invece non mancano, educatori, terapisti. E per certe forme di assistenza va superata l’idea che affidarla a queste figure invece che a medici sia uno scadimento, perché non è così».



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