Cesena: cavalli morti in corsa: "Il caldo non c'entra"

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«Le possibili cause che vengono comunemente indicate in questi giorni non sono possibili. E da veterinari, fino a prova contraria, crediamo che ad uccidere i cavalli possano essere stati aneurismi: così come alcune volte dolorosamente accade anche ad atleti di fama umani».

Luca Moretti, pisano, è il veterinario di riferimento del Ministero per l’ippodromo del Savio di Cesena; e si è dovuto occupare in prima persona dei due casi avvenuti a poca distanza l’uno dall’altro di cavalli morti in gara durante le corse all’ippodromo cesenate.

Poco dopo le 22 del 15 luglio scorso la cavalla Dream Stecca si è accasciata a bordo pista durante la terza corsa. Aveva passato i 500 metri di corsa ed esattamente dopo la seconda curva, la cavalla si è allargata finendo a bordo pista. L’intervento del personale sanitario non è bastato a salvarla.

Un incidente analogo a quello avvenuto a fine giugno durante la prima serata di corse con la cavalla Carabela anche lei morta durante la gara.

Un doppio decesso a breve distanza temporale di cui non si ha memoria nella storia centenaria dell’ippodromo cesenate.

In seguito all’accaduto si sono scatenate ridde di ipotesi. Con in testa le associazioni animaliste che hanno gettato la colpa dei decessi addosso al caldo durante le corse, piuttosto che ai viaggi che i cavalli fanno in box - carrelli per arrivare fino ai luoghi delle corse.

«Quando accadono situazioni simili, al Savio, come per altre manifestazioni in concorsi ippici o in luoghi celebri e teatro dell’immaginario collettivo come ad esempio il paio di Siena, la ridda di ipotesi che viene avanzata è sempre variegata - spiega Moretti - Da veterinario mi sento di escludere nella maniera più assoluta che possa essersi trattato di decessi legati a corse eseguite a temperature elevate. Il caldo non c’entra insomma così come in questi due casi possiamo già escludere anche che ad incidere possa essere stato un viaggio stressante per i cavalli prima della gara. Erano infatti due animali residenti all’ippodromo cesenate».

Resta soprattutto per chi non vive l’ippodromo sempre da vicino, il sospetto di qualche sostanza che per alterarne le prestazioni possa aver spinto fino alla morte gli animali deceduti in gara.

«In realtà noi facciamo controlli capillari e continui. Ad esempio nella corsa successiva a quella del decesso di Dream Stecca un cavallo è stato fermato. Non c’è stato bisogno neppure di analisi perché abbiamo fisicamente intuito il tentativo di farlo correre con addosso sostanze ignote».

Sui due cavali morti invece come da protocollo sono stati eseguiti esami specifici. «Non è stata programmata una autopsia. Ma in casi come quelli avvenuti viene fatto un prelievo di sangue post mortem. Che viene inviato ad un laboratorio specializzato del Mipaaf di Milano il quale cercherà di tracciare la presenza di eventuali sostanze proibite. Mediamente i risultati si conoscono in una quindicina di giorni. E diventano noti a tutti solo e soltanto se i test sanguigno antidoping e positivo».

Fino ad allora la tesi veterinaria è un’altra: «Fino ad evidenze diverse credo che episodi simili vadano ascritti ad aneurismi. Che chiaramente sono presenti ed invisibili prima della gara e arrivano ad uccidere proprio nel momento in cui un atleta è sotto sforzo. Capita anche agli atleti umani più o meno famosi. Morti improvvise durante lo sforzo. I cavalli sono in tutto e per tutto degli atleti. E possono incappare i situazioni simili. In questo caso resi appariscenti dal fatto che, nel giro di poco tempo, all’ippodromo di Cesena il tutto è accaduto due volte».

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