Cesena, angosce delle bombe in Ucraina sul pullman e in piazza

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La guerra nella propria terra d’origine ha sconvolto, seppure a migliaia di chilometri di distanza, anche le vite di tante ucraine che vivono a Cesena: sono ben 568 e nella maggior parte di casi si tratta di donne impegnate nei servizi di cura e di assistenza familiare. Ma per una di loro, la 36enne Anna, che abita qui dal 2016 e tre anni dopo si è sposata con Luca, che è calabrese, lo choc è stato molto diretto. Due sere fa, poche ore prima dell’attacco russo all’Ucraina, sua mamma era salita sul pullman che la stava riportando nella sua città, Kamianets-Podilskyi, una volta scaduto il permesso di 90 giorni che le aveva consentito di fare visita a Cesena. «Ha quindi saputo che era iniziata la guerra mentre era a bordo di quel mezzo - racconta Anna - L’ho anche invitata a non continuare il viaggio, ma non poteva, perché mia nonna, a cui sono legatissima perché da piccola mi ha cresciuto, è allettata e mia cugina, che la sta assistendo, è una mamma sola, con due figli, che ora deve portare in salvo». Si sente forte la sofferenza, pur composta, per quello che sta accadendo, mentre racconta il dramma di una famiglia e di un popolo intero, avvolta nella bandiera dell’Ucraina, accanto alla fontana Masini in piazza del Popolo, dove si è data appuntamento ieri pomeriggio con un drappello di connazionali e anche amiche italiane, a partire dalle ex colleghe Carmela e Rosi, che hanno lavorato con lei in una struttura socio-sanitaria a Cervia per tre anni e mezzo.

Anche suo marito Luca è turbato: «Non puoi giocare a Risiko con le vite della gente. L’aggressione fatta da Putin è gravissima e pericolosa per tutto il mondo». Poi avverte: «Io, che li ho conosciuti attraverso mia moglie, posso dire che gli ucraini non scapperanno, perché sono molto nazionalisti». Ma quell’aggettivo - puntualizza la moglie - «non va considerato in modo negativo, come sto sentendo dire a molti. È solo amore per il nostro Paese, ma in modo pacifico». Nelle ultime ore Anna sta ricevendo tante notizie allarmanti, seppur frammentarie, sul conflitto in Ucraina. «Il collegamento internet c’è ancora, mentre il telefono è saltato. Mi hanno detto che si sentono suonare le sirene, che hanno bombardato vari aeroporti, tra cui uno non lontano da casa mia, e che si stanno organizzando per andare nei rifugi». Poi c’è l’assalto ai distributori di carburanti di chi vuole allontanarsi: «Persone che conosco sono state in fila per 4 ore per fare benzina». A condividere le preoccupazioni della 36enne, che nel 2005, da studentessa, prese anche parte alla “rivoluzione arancione” a Kiev, c’è Liubov, 49enne originaria di Cernovzi, dove vive sua mamma invalida. Regge assieme all’amica un cartello su cui è scritto “Europa, fermiamo assieme l’aggressione di Putin”. La sua mente corre con apprensione al fatto che tanti giovani coetanei di suo figlio, che ha 21 anni, sono in questo momento richiamati alle armi là in Ucraina, nel tritacarne della guerra. «È importante sentire il sostegno di tante persone, che ci stanno dicendo in queste ore che ci sono vicine - afferma la donna, che si è trasferita a Cesena da 13 anni - La guerra in Ucraina è in corso dal 2014, ma non pensavamo che si arrivasse fino a questo punto». Anche perché le città da dove provengono le due ucraine cesenati sono distanti da quelle che erano le zone calde e quindi «da noi la vita era normale».

Il messaggio del sindaco

Anche il sindaco cesenate Enzo Lattuca lancia un messaggio di sostegno alla comunità ucraina stanziata sul territorio che governa, che - ricorda - è cresciuta in dieci anni da 517 a 568 residenti: «Quanto accade in Ucraina in queste ore riporta l’Europa a scenari davvero inquietanti, che nessuno di noi si aspettava. L’escalation militare decisa dal presidente russo Vladimir Putin, in totale disprezzo del diritto internazionale, è da condannare, mentre è necessario e doveroso che continui un’azione diplomatica. Al popolo ucraino va la nostra totale solidarietà».

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